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I bambini di Pompei: un’infanzia tra gladiatori e cacciatori

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La città di Pompei, celebre per le sue rovine ben conservate a seguito dell’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C., continua a svelare segreti affascinanti. L’ultima scoperta, frutto di un progetto di ricerca del Parco Archeologico di Pompei e del dipartimento di neuropsichiatria infantile dell’Università ‘Federico II’ di Napoli, getta una nuova luce sull’infanzia nell’antica Roma. In un cortile di servizio della casa del Cenacolo colonnato, situata su via dell’Abbondanza, sono stati rinvenuti disegni realizzati con il carboncino sui muri.

I graffiti rappresentano scene di gladiatori e cacciatori, testimonianze toccanti della vita quotidiana dei bambini pompeiani. Secondo gli studiosi i disegni, creati da bambini di età compresa tra i 5 e i 7 anni, riflettono un’esposizione precoce alla violenza non dissimile a quella cui sono sottoposti i bambini dei nostri giorni. Ovviamente la violenza di quei tempi era reale e sanguinosa, parte integrante degli spettacoli nelle arene, e la sua accettazione sociale solleva interrogativi sulle possibili ricadute psicologiche che gravavano sui bambini di Pompei.

Oltre ai disegni, la ricerca nell’insula dei Casti Amanti ha portato alla luce i resti di due vittime dell’eruzione, un uomo e una donna, ritrovati davanti al portone chiuso della casa dei Pittori al lavoro. L’abitazione, così intitolata perché in corso di tinteggiatura al momento della catastrofe, ha rivelato anche un cubicolo adibito a studiolo vicino al tablinum, la sala di ricevimento. Tra le decorazioni una scena mitologica particolarmente interessante, che rappresenta un piccolo bambino incappucciato. Si ipotizza potrebbe trattarsi di un figlio defunto dei proprietari.

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