di Luisa Marini
Sono anni che Stefano Di Bello dirige Opera laboratori, un’azienda che gestisce alcuni dei punti più rilevanti del patrimonio artistico e culturale delle terre di Siena. Con lui parliamo delle scelte più recenti, come l’acquisto del Palazzo delle Papesse e l‘imminente scopertura del pavimento del Duomo. In questa intervista ci spiega le scelte che stanno alla base della strategia dell’azienda nell’intera regione.
Anzitutto, è recente la notizia che avete acquistato il Palazzo delle Papesse: come intendete utilizzarlo?
L’acquisizione nasce dalla partecipazione di una società del gruppo all’asta di Bankitalia: l’offerta è stata giudicata congrua e ora Opera laboratori ha il mandato di valorizzare il Palazzo.
Esso ha origini storiche importanti: di proprietà delle sorelle di Pio II, da qui il suo nome, è inserito nel contesto urbano degli altri palazzi di origine medievale, essendo uno dei pochi palazzi rinascimentali nella struttura di edifici che fanno da cuscinetto con Piazza del Campo.
Nel 1633, dopo la condanna del Sant’Uffizio, l’arcivescovo Ascanio Piccolomini, amante dello studio dell’astronomia, vi ospitò Galileo Galilei, e qui lo scienziato, dall’altana, fece le sue esplorazioni della volta celeste: ci sono scritti a testimonianza di questa residenza.
Quello che abbiamo messo insieme, dunque, è un progetto di valorizzazione basato sulla visione, l’apertura e la pluralità, che coniuga storia e attualità.
Il Palazzo delle Papesse sarà una casa degli artisti, offrirà nuovi modi di vedere l’arte e la cultura, da guardare con rinnovati occhi, come disse Galilei: “occhi che vogliono vedere e che credono a quello che vedono…”. Come Caterina Piccolomini era donna di vedute aperte, così il Palazzo dovrà diventare un simbolo di apertura mentale, inclusivo e partecipativo, intrecciando le lune crescenti del simbolo dei Piccolomini con gli occhi di Galileo per guardare oltre.
L’inaugurazione è prevista a settembre, stiamo già lavorando al primo allestimento, dedicato al pittore e scultore argentino Julio Le Parc, figura di spicco dell’arte cinetica e dell’Op Art.
Nel 2025, in occasione del ventennale della prima mostra senese e a trent’anni dalla morte di Hugo Pratt, verrà invece organizzata una grande esposizione dedicata al fumettista e scrittore padre di Corto Maltese.
È imminente, il 27 giugno, la prima scopertura del pavimento del Duomo di Siena: che tipo di lavoro c’è stato dietro a questo evento?
Qui siamo in veste di concessionari dell’opera, e abbiamo collaborato con la Diocesi e l’Opera del Duomo per creare dei percorsi che porteranno il pubblico a poter vedere tutte le 56 tarsie di marmo del pavimento girandoci intorno. Esse furono realizzate tra il Trecento e l’Ottocento sulla base dei cartoni preparatori di artisti quasi tutti senesi, fra cui Il Sassetta, Domenico di Bartolo, Matteo di Giovanni, Domenico Beccafumi, e dell’umbro Pinturicchio. Per mostrare la completezza del lavoro artistico, e la sua portata culturale e spirituale, sono state eliminate tutte le sedie, le panche e finanche l’altare, dalla porta di ingresso all’abside.
L’opera tratta il percorso della Sapienza, dai pagani alle Sibille fino ad abbracciare la Filosofia e l’Antico e Nuovo Testamento. Ogni tarsia presenta delle iscrizioni tratte da vari testi antichi: si tratta di un vero libro di marmo.
L’evento è corredato da un catalogo ragionato in italiano e inglese, che suggerisce una nuova lettura di un’opera d’arte in cui si cammina e della quale è possibile avere una visione a tu per tu.
Qual è il concept della vostra realtà?
Opera laboratori si pone a supporto delle istituzioni, per valorizzare la cultura in ottica imprenditoriale. Coinvolgiamo nel lavoro circa mille persone e 86 musei in Italia. Siamo portatori di una visione innovativa, per creare una rete culturale: non isole, ma relazioni.
Il nostro sito http://dearguests.com spiega bene questo concept, in cui l’appassionato d’arte e cultura diventa ospite a 360 gradi.
Qual è invece ’ultimo progetto in Toscana?
Il restauro dell’ex carcere ed ex convento di San Domenico a San Gimignano, al centro di un vero e proprio progetto di rigenerazione urbana. Si tratta del primo project financing applicato alla cultura, con un investimento di 22 milioni di euro per la ristrutturazione del complesso e un restauro che durerà tre anni, creando una città nella città di circa settemila metri quadri nel cuore del centro storico.
Il progetto prevede un’arena da mille posti per teatro e lirica, in sostituzione del luogo usato per l’ora d’aria per i detenuti; un percorso panoramico per i visitatori, da cui ammirare lo skyline di San Gimignano, al posto del camminamento di ronda. Nuovi spazi per la collettività, insomma, con area convegni, spazi per ospitare botteghe artigianali locali, associazioni, agribar e gallerie multimediali e una struttura ricettiva con camere ricavate dalle ex celle del convento, che sono state rilette in un senso nuovo di apertura e non di chiusura come nel passato. Il contratto di concessione durerà 69 anni.
L’ex convento ed ex carcere sarà lo spazio ideale per creare un modello di gestione sostenibile fondato sul vero valore della cultura dell’ospitalità; non solo un presidio della memoria, dunque, ma un’officina di futuro per lo sviluppo del territorio.
L'articolo Stefano Di Bello: “Così rendiamo vivi e attivi i beni artistici e culturali” proviene da Globalist.it.