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Galleria Borghese: prima monografica di una donna del Novecento

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Con alcune delle sue opere iconiche, dal grande ragno Spider alle Cells – a partire dalla storica The last Climb con la scala del suo ultimo studio di Brooklyn – dai marmi rosa agli arazzi alla serie sospesa dei fluidi Janus, Louise Bourgeois è la prima donna a conquistare la meravigliosa Galleria Borghese in uno straordinario dialogo tra materia e forma.

E se è la prima volta alla Borghese di una donna contemporanea, è anche la prima volta per una monografica della grande artista a Roma.

Primati a parte ”L’inconscio della memoria”, questo il titolo dell’esposizione – visitabile dal 21 giugno al 15 settembre – propone alcune importanti opere della grande artista nata a Parigi nel 1911 e scomparsa nel 2010 a New York, legate al suo rapporto con l’Italia.

Correva il 1967 quando, viaggiando per la prima volta da sola, si stabilì per qualche mese a Pietrasanta e lì, con gli spostamenti a Carrara ed anche a Roma, scoprì tra la stessa Galleria Borghese, i musei Vaticani e molto altro, alcuni dei cardini della storia dell’arte che affondano le radici nel marmo.

Il suo rapporto con l’Italia e la collezione Borghese – che inizia al Louvre negli anni Trenta e continua fino agli anni Novanta – ha influenzato non poco la sua pratica creativa, spiega la direttrice della Galleria Francesca Cappelletti sottolineando che quella di Louise Bourgeois “è una scultura che ha dentro tutto il Novecento”.

Non a caso la Galleria attraversa tutta la storia della scultura, da quella classica fino all’Ottocento, con ”la grande assente”, ovvero la produzione del Novecento che in questo caso viene proposta in tutta la sua centralità, perchè Bourgeois è appunto arista che attraversa il secolo in modo originale.

Il percorso della mostra si apre con la spettacolare Cell (The Last Climb, del 2008, la penultima prima della morte) che si sviluppa intorno al tema della spirale e comprende la scala a chiocciola da lei stessa realizzata del suo ultimo studio di Brooklyn in una aspirazione metafisica che le sfere in vetro blu sublimano.

Come riporta Elisabetta Stefanelli in un articolo Ansa, Cappelletti spiega ancora come ”L’inconscio della memoria” si snoda nelle sale principali del museo in un dialogo di temi e materia, declinati in venti opere. Prosegue anche nel Giardino della Meridiana (con i Welcoming Hands, le mani intrecciate, le sue con quelle dell’amico Jerry Gorovoy) fino ai Giardini segreti, dove si trova il gigantesco Spider, il ragno simbolo della protezione materna.

Il “Ragno” che qui compare anche in versione ridotta, ma identica, nella gigantesca Cell del primo piano – Passagge Dangereux, la più grande mai realizzata – , che contiene un vero e proprio percorso nella memoria: dagli arazzi, sempre legati alla madre morta quando era bambina, alle sfere di vetro, al legno degli arti mozzati e delle sedie sospese che rimandano al padre, ai traumi, ai suoi dolori.

In alcune sale del primo piano che “vedono già alcuni interventi per i lavori in corso alla Galleria con un allestimento temporaneo”‘”, sottolinea Cappelletti, con un interessante focus su alcuni dettagli, come nella sala della Danae del Correggio dove si trovano le sue teste bianche della Cell XX.

Tuttavia, non mancano le sculture sospese denominate Janus, dove la fusione tra i sessi si realizza alla ricerca di una perfezione ideale che ha ammantato l’opera di Bourgeois di un femminismo che non ha mai teorizzato.

La mostra, ideata da Cloè Perrone e curata con Geraldine Leardi e Philip Larratt-Smith, propone in tutto circa 20 opere scultoree ed è realizzata in collaborazione con The Easton Foundation e l’Accademia di Francia a Roma. E proprio a Villa Medici viene ospitata per l’occasione un’opera dell’artista dal titolo “No exit”. 

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