di Giordano Casiraghi
Non è una sigla nuova, cercando su Discogs troviamo un singolo del 1978 pubblicato dalla prestigiosa Ultima Spiaggia. Dietro questa sigla si cela oggi Roberto Manfredi, tuttofare nell’ambiente musicale, già artefice di successi di molti cantautori avendo lavorato nella discografia, in Ultima Spieggia con Nanni Ricordi, ma anche in Polygram. Oggi Manfredi scrive libri (uno su Freak Antoni per esempio) ed è autore di docu film, nonchè autore di trasmissioni. Più recentemente ha lavorato con Morgan ad alcune trasmissioni radio Rai. Eppoi chi non si ricorda I Figli di Bubba al Festival di Sanremo 1988?
Oggi Roberto Manfredi consegna al pubblico un suo disco, essenzialmente strumentale, alla maniera degli album concept, dal titolo “Machine Symphony” co-arrangiati con Paolo Baltaro e Oberlunar (“Night in Gaza”). Un omaggio a molti musicisti del 900 che hanno sperimentato e composto la loro musica attraverso l’uso di varie tecnologie, macchine sonore, sampler, sintetizzatori e Intelligenza artificiale, dando vita alla musica elettronica, concreta, rumoristica e minimale. In particolare ad artisti quali Terry Riley, Ryuichi Sakamoto, Brian Eno, Philip Glass, Vangelis, John Cage. Artisti diversi ma uniti dal file rouge della sperimentazione sonora.
Artisti che come definisce Oberlunar, possiamo considerare meta-autori. Manfreud, con il suo album, prosegue la sperimentazione esplorando lo scenario artificiale e le nuove tecnologie, in cui l’interazione tra il compositore umano e la “macchina” si sposa idealmente. Nell’album partecipano artisti e musicisti italiani che seguono l’analogo percorso artistico come Patrizio Fariselli degli Area, Andy Bluvertigo, Oberlunar, Diego Marzi, Daniele Mignone e soprattutto Paolo Baltaro che produce l’album insieme a Manfreud.
L’album è esclusivamente composto da musica strumentale, nel quale confluiscono vari linguaggi e stili, dalla musica elettronica, alla musica per colonne sonore, dalla rumoristica alla sinfonica. Compaiono anche strumenti inusuali come il duduk armeno, l’udu drum nigeriano e il sassofono. “Machine Symphony” vuole essere un esempio che dimostra come non aver paura della sperimentazione e della tecnologia artificiale, ma anzi come sfruttarne a pieno le sue potenzialità, attraverso una particolare forma di addestramento della macchina, che cattura ed elabora la composizione umana, per trasferirla in altri ambienti sonori.
L’album è stato realizzato mettendo insieme la tradizionale composizione al pianoforte, la cultura sonora analogica e varie intelligenze artificiali incrociate tra loro. Grazie all’ addestramento di inedite AI è stato possibile elaborare due composizioni per pianoforte in arrangiamenti sinfonici per orchestra, con sezioni di archi e di ottoni.
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