Il regista e produttore Roger Corman si è spento all’età di 98 anni nella sua casa di Santa Monica, in California. Hollywood dice addio al più prolifico tra registi e sceneggiatori (56 regie e 493 produzioni), oltre ad essersi meritato l’appellativo di King of B-Movie. Potrebbe calzare a pennello la frase di John Ford nel film L’uomo che uccise Liberty Valance: “Qui siamo nell’ Est, dove se la leggenda diventa realtà, vince la leggenda” (Ford era anche un maestro riconosciuto dello stesso Corman)
Effettivamente, leggendario è un termine che ben si addice a questo personaggio poliedrico fin dalla nascita. Nasce a Detroit il 5 aprile del 1926 da padre ingegnere. Il suo epitaffio, breve e tagliente, può essere riduttivo: “Ero un regista, solo questo”. Dimentica di omettere anche: uomo d’affari, pigmalione, sperimentatore, produttore e distributore. Ha anche scritto un libro Come lavorare a Hollywoodper più di cento film e non perdere nemmeno un dollaro.
A 19 anni si iscrive alla facoltà di ingegneria industriale a Stanford, ma conseguirà il titolo solo nel 1947 perché nel frattempo prestò servizio nell’aeronautica durante la seconda guerra mondiale. Dal suo primo lavoro si licenziò dopo solo 4 giorni passando a lavorare, grazie al fratello, presso la 20th Century Fox prima come fattorino e poi come revisore delle sceneggiature. Una piccola parentesi oltreoceano con un tirocinio a Oxford e un soggiorno a Parigi prima di tornare e mettersi in proprio, con la prima produzione (senza stipendio) nel 1954 FBI Operazione Las Vegas. Dopo questa firmerà altre 492 produzioni fino all’ultima The jungle Damon del 2021. L’anno dopo nel 1955 debutta come regista nel western 5 colpi di pistola (con JohnLund e Dorothy Malone) ottenendo la consacrazione per gli adattamenti di E.A. Poe con Vincent Price: Il pozzo e il pendolo, I vivi e i morti, La maschera della morte rossa) oltre al suo maggior successo del 1960 La piccola bottega degli orrori. È qui che nasce la leggenda perché, dopo solo 3 giorni di prove in teatro, il film riciclò un set di un altro film prossimo alla distruzione riuscendo a concludere tutto il lavoro in sole 48 ore.
Famoso anche per i “gangster movie” grazie al successo de Il massacro del giorno di San Valentino del 1967 e Il clan dei Barker del 1970. L’appellativo di Re dei B-Movie lo ottiene grazie ai panni di produttore con produzioni che spaziano dall’horror alla fantascienza usando pochissimo budget. Possiamo anche considerarlo un prolifico talent scout grazie alla scoperta di nomi come Coppola, Scorsese, Demme, Bogdanovich, Nicolas Roeg alla regia e ancora Jack Nicholson, Dennis Hopper, Bruce Dern, Diane Ladd, William Schatner come attori. Grazie alla sua casa di distribuzione riuscì a portare nel suolo a stelle e strisce i maggiori registi internazionali come Fellini, Bergman, Kurosawa e Truffault. Ottenne tuttavia solo un Oscar, quello alla carriera nel 2009, quando nello stesso anno firmò la serie Splatter con John Dante per Netflix.
Non ha mai avuto paura del confronto con un mondo in rapida evoluzione e per questo diventò negli anni ’70 un riferimento della New Hollywood, tanto che Tarantino ancora oggi lo nomina come autentico riferimento artistico personale. Durante una Masterclass al festival di Locarno nel 2016 disse “Il mio solo segreto sta nel divertirmi ogni volta che avvio un progetto. Quando produssi a Jack Nicholson ‘Le colline blu’, non sapeva nemmeno dove mettere la cinepresa. Eppure c’era in lui un grande talento e io adoravo incoraggiarlo a sfidare se stesso. Lo stesso ho sempre fatto io con i miei lavori. Mai avere paura del nuovo, c’è ancora tanto da scoprire”.
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