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Woody Guthrie ottant’anni dopo un capolavoro

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di Rock Reynolds

Sono stato folgorato in giovane età sulla via di Liverpool e di Duluth, insieme a schiere di aspiranti musicisti e appassionati di estatica rock. Il ruolo esercitato dai Beatles e da Bob Dylan sulla mia formazione culturale è incalcolabile. Avevo da poco assistito al mio primo concerto di Dylan e stavo divorando una delle sue prime biografie, quella di Anthony Scaduto, quando mi capitò di vedere un film del 1976 di cui non sapevo nulla: Questa terra è la mia terra, per la regia di Hal Ashby, con un David Carradine straordinario nei panni di Woody Guthrie. Mi innamorai di quel cantastorie riottoso, incline alle smargiassate, avido di avventure, che saliva e scendeva dai treni merci in corsa per spostarsi di paese in paese e sbarcare il lunario. Erano gli anni della Grande Depressione che nel già povero Oklahoma – un territorio poco ospitale di praterie riarse, più simili a deserti gialli che a pascoli verdi – si accompagnò anche ai disastri creati dalla siccità, con le celebri “dust bowl”, vere e proprie tempeste di sabbia capaci di rivestire ogni superficie di un soffocante, letale strato di polvere. Woody, però, che quelle tempeste le esorcizzò nel suo splendido disco Dust Bowl Ballads (una raccolta di brani incisi nel 1940 per la Victor Records e ripubblicati sotto forma di album dalla leggendaria etichetta Folkways nel 1964), da buon sognatore, guardava lontano. I suoi erano gli orizzonti di un inguaribile ottimista, di un rivoluzionario dalle idee politiche talvolta ingenue e contraddittorie ma perennemente allineate con una visione più equa della società.

Oggi, a poco più di ottant’anni dalla sua pubblicazione negli USA, il suo unico libro, a cavallo tra romanzo autobiografico, memoir fantasioso e reportage sulla vita dura della provincia americana nella Grande Depressione, torna sugli scaffali, con una nuova prefazione di Daniele Benati.

Questa terra è la mia terra (Marcos y Marcos, traduzione di Cristina Bertea, pagg 427, euro 20) è un testo quasi imprescindibile per chi voglia conoscere qualcosa in più di quel paese, gli Stati Uniti d’America, che continua ad affascinare, stizzire, spaventare il mondo.

Quando Woody, nel 1964, pubblicò l’album Dust Bowl Ballads, un disco concept sulle difficoltà di fare le cose più semplici – come sopravvivere – nel poverissimo Oklahoma afflitto dalla carestia, decise di raccontare a modo suo la storia di Tom Joad, un ex-galeotto che, uscito dal carcere, deve trovare una nuova collocazione in un mondo diverso, quello piagato dalle pesantissime ripercussioni del crollo di Wall Street del 1929. Tom Joad è il nome del protagonista di Furore, lo splendido romanzo di John Steinbeck uscito nel 1939. Fu proprio il premio Nobel per la letteratura a fare il complimento più bello che Woody potesse sperare di ricevere. A proposito della sua canzone “Tom Joad” (che, in un ciclo inquietante della storia, divenne un fantasma nel brano di Bruce Springsteen del 1995, “The ghost of Tom Joad”), ebbe a dire: «Se avessi sentito quella canzone prima di scrivere il romanzo, non avrei avuto bisogno di scriverlo».

L’amore incondizionato e universale per Woody è tale che non ho avuto bisogno di insistere per avere un commento su di lui e sul suo libro da numerosi artisti internazionali.

Lewis Shiner, romanziere texano con un passato da batterista, ha una forte propensione per le tematiche sociali, come attesta, per esempio, il suo splendido Black & White. «Woody Guthrie è stato i Velvet Underground della musica folk. È stato fondamentalmente sconosciuto in vita, ma la gente che ne ha tratto ispirazione ha cambiato il mondo. Devo confessare che non ho mai letto Questa terra è la mia terra, ma quel libro ha avuto ugualmente un impatto si di me attraverso Dylan, Springsteen, John Mellencamp, Joe Strummer, Jerry Garcia, Johnny Cash e molti altri ancora. Al pari della sua malconcia chitarra, Questa terra è la mia terra è una macchina che ha ucciso fascisti e ha seguitato a farlo ben dopo che Guthrie ci ha lasciati.»

David Fulmer è romanziere e documentarista, appassionato della tradizione musicale della sua America. «Perché Questa terra è la mia terra è un esempio così iconico di “Americana”? Perché ha spinto una generazione di anime inquiete a seguire il percorso ramingo di Guthrie nell’anima più profonda del paese. E una di quelle anime era un giovane che aveva letto il libro più volte finché gli si era sbriciolato tra le mani e che poi si era imposto una missione: raggiungere New York in autostop alla ricerca di Woody stesso e fare un lungo passo sulla strada per diventare Bob Dylan. È un’attestazione della grandezza del libro e del suo autore.»

John Smolens vive nella remota Marquette, nell’estremo nord del Michigan. I suoi romanzi sono uno specchio della provincia americana e, come dimostra soprattutto Il giorno dei giorni, la raccontano negli anni della Depressione tanto cari e noti a Woody. «Woody Guthrie è, ovviamente, una leggenda americana. Per anni, negli Stati Uniti c’è stato un movimento popolare per fare di “This Land is Your Land” l’inno nazionale. Il suo impatto sulla musica americana non può essere sottostimato. Diverse generazioni di musicisti – Bob Dylan, Pete Seeger, Bruce Springsteen e anche suo figlio Arlo Guthrie, per citarne solo alcuni – lo hanno seguito sulla via della musica folk. “Quello che faccio è cantare canzoni che vi dimostrino che questo è il vostro mondo e che, se vi ha dato qualche brutta sberla, indipendentemente dal colore della vostra pelle, dalla vostra stazza, dalla vostra struttura fisica, io sono qui per cantare le canzoni che vi faranno sentire fieri di voi stessi e del vostro lavoro.” Le sue canzoni sono spesso considerate controverse per via delle idee politiche che esprimono, ma la sua musica dà voce alle ansie e ai sogni dell’uomo comune.»

Tim Willocks è inglese, ma negli USA ha vissuto lungamente nel periodo in cui si dedicava primariamente alla sceneggiatura per Hollywood. Chitarrista appassionato di musica folk, ha un ricordo personale legato a Woody. «Quando avevo diciassette anni, Woody Guthrie mi spinse ad andare in autostop da Manchester a Genova: non ero mai uscito prima dall’Inghilterra. Sulla strada, tenni un piccolo diario intitolato Bound for Glory (N.d.A. Il titolo originale inglese di Questa terra è la mia terra), uno dei libri migliori sullo spirito della libertà.»

Ron Rash racconta la provincia americana, nella fattispecie il North Carolina, come pochi. Leggete Un piede in paradiso e Il custode (di recentissima pubblicazione) e non ve ne pentirete. «In un’epoca in cui, in America, entrambi i partiti politici sono controllati dalle donazioni dei ricchi e le persone più povere e rurali sono demonizzate dalla maggior parte dei principali mezzi di comunicazione, il messaggio di Woody Guthrie è non solo rilevante ma urgente.»

Eric Van Lustbader ha ereditato la responsabilità di portare avanti la saga di Jason Bourne dopo la morte di Robert Ludlum, il suo creatore. E lo fa magistralmente. «È difficile credere che siano passati ottant’anni dalla pubblicazione della pietra miliare Questa terra è la mia terra di Woody Guthrie. Ma, siccome Guthrie resta il padrino di un ramo fondamentale della musica folk americana, non sorprende che la sua influenza si faccia sentire ancor oggi al di fuori della sfera musicale che amava. Giù il cappello!»

Joe R. Lansdale viene dal cuore del Texas, tutto sommato non lontano dall’Oklahoma di Woody, almeno per gli standard americani. E, come Woody, ha raccontato la vita dura dell’America della Grande Depressione e i disastri delle “dust bowl”, le tempeste di polvere che in quell’epoca di grandi difficoltà resero ancor più invivibile la vita della provincia. Leggete Cielo di sabbia per averne conferma. «Woody Guthrie è stato il cuore buono dell’America. Un poeta popolare che ha sostanzialmente influenzato ogni cosa.»

Christopher Cook, del Texas Orientale come Joe Lansdale, condivide con il creatore della serie di Hap & Leonard una visione un po’ ribelle della vita. Il suo romanzo Robbers è un thriller feroce e una storia on the road. Ecco cosa ci ha detto: «Una copia di Questa terra è la mia terra me la devo procurare io stesso perché non la possiedo. Una cosa che ho sempre ammirato di Woody è la sua dedizione alle lotte sindacali e operaie. Prima di iniziare a pubblicare romanzi, ho lavorato per i sindacati. Woody disse: “Io vivo con il sindacato. Mangio con il sindacato. Penso con il sindacato. Vedo con il sindacato. Cammino con il sindacato e parlo con il sindacato. Canto con esso e predico con esso”. Anche per questo lo ammiro».

Non tutti sanno che Diego De Silva oltre che un valente romanziere è pure un grande appassionato di musica americana. Chitarrista e cantante, ha un ricordo molto personale dell’impatto esercitato su di lui da Questa terra è la mia terra. «Di questo libro ho un ricordo legato al cinema. Woody Guthrie, per me, resta David Carradine. Vidi il film prima di leggere il libro, allora pubblicato da Savelli, e mi ricordò subito un altro film che a tutt’oggi resta tra i miei indimenticabili, Alice non abita più qui, di Scorsese. Forse perché Woody Guthrie, come Alice, era in fuga alla ricerca di futuro e cercava di sbarcare il lunario con la musica. Forse perché le loro storie si somigliavano nell’estetica e nella speranza. Ma non riesco a scinderle. Per me restano una coppia.»

David Hepworth è uno dei più acuti giornalisti del panorama musicale internazionale. Leggete il suo splendido libro 1971. L’anno d’oro del rock e ne avrete conferma. «L’idea stessa che le canzoni possano riguardare persone reali ed eventi reali fu introdotta nella musica pop degli anni Sessanta da Bob Dylan e lui quell’idea la trasse totalmente da Woody Guthrie. È, dunque, un fantastico esempio di come la musica viaggi di sua iniziativa. Una delle frasi più belle sulla musica che io abbia mai sentito la pronunciò Joseph Shabalala, del gruppo sudafricano Ladysmith Black Mambazo, che disse: “La musica è qualcosa che non si può soffocare. Sale da qui fino in cielo”.»

William Ferris è stato per anni titolare della cattedra di Storia e Folklore del Sud presso la prestigiosa University of North Carolina. Il suo saggio Il blues del Delta è un testo seminale. «Questa terra è la mia terra di Woody Guthrie cattura la bellezza assoluta dei paesaggi americani. Sono mondi che ispirano i nostri poeti, autori di canzoni e artisti di ogni generazione e Woody ne era innamorato. Questo libro è la canzone d’amore che ha dedicato alla nazione. Sostiene che “Dalla California all’isola di New York, dalle foreste di sequoie alle acque della Corrente del Golfo, questo paese è stato creato per te e per me”.»

Frank Lisciandro non suona nessuno strumento e non scrive romanzi. Ma ha la peculiarità di essere stato uno degli amici più stretti di Jim Morrison nell’ultimo tratto della sua vita, oltre che il merito di averlo convinto a pubblicare le sue poesie. Fotografo, documentarista e biografo del leader dei Doors, è figlio legittimo di quella stessa generazione di giovani studenti, critici dell’establishment americano e della guerra del Vietnam. «Sul finire degli anni Cinquanta, ero un adolescente tutto preso dal rock’n’roll e, soprattutto, da cantautori come Buddy Holly, Carl Perkins & Chuck Berry. Non mi intendevo granché di musica folk finché non iniziai a bazzicare il Washington Square Park, nel Greenwich Village, un quartiere di Lower Manhattan. Ogni domenica, centinaia di persone raggiungevano il parco dove ci si riuniva in gruppi piccoli e grandi intorno a un chitarrista o a qualche musicista e si cantavano canzoni popolari. Era un’epoca in cui noi giovani usavamo la musica folk per esprimere la nostra protesta in una lotta per i diritti democratici. In uno di quei raduni musicali della domenica, cantai anch’io – probabilmente, stonando e senza conoscere bene tutte le parole – la ballata “This Land Is Your Land”. Il testo era poesia: visionario, provocatorio, positivo e vero. L’esperienza di cantare quelle parole mi spinse a informarmi su chi le avesse scritte. Il che mi fece conoscere Woody Guthrie e il suo libro Questa terra è la mia terra, un autentico e personale racconto della vita in America negli anni difficili della depressione economica e un tesoro indimenticabile della letteratura americana.»

Chi pensa che un nippo-hawaiano-americano non possa restare affascinato dalla figura di Woody si sbaglia. Dale Furutani, autore della splendida serie di romanzi con protagonista il ronin Matsuyama Kaze, lo dimostra. «Prendete un corpo ossuto, aggiungetegli un po’ di musica country e folk genuina, un cuore sensibile, una grinta americana dura da spezzare, l’amore per un popolo e per un paese e una reputazione che cresce con il passare degli anni. Shakeratelo bene e avrete Woody Guthrie.»

Massimo Carlotto è un beniamino dei lettori italiani, soprattutto di noir a sfondo sociale. Non tutti, però, conoscono la sua passione per la musica tradizionale americana, a partire dal blues. «Di Woody Guthrie ho sempre ammirato la “internità” ai grandi movimenti americani attraverso una frequentazione costante dei luoghi della socialità del proletariato americano. Credo sia un esempio unico.»

Will Kaufman insegna Letteratura e Cultura Americana presso la University of Central Lancashire, in Inghilterra. La sua è una famiglia di musicisti. Lui stesso suona vari strumenti e canta, ma suo fratello Steve Kaufman è un maestro della tecnica flatpicking sulla chitarra. Will ha scritto, tra le altre cose, due interi libri su Woody, incluso Woody Guthrie. American Radical. «Per quanto oggi conosciamo Woody principalmente attraverso le sue canzoni, negli anni in cui era attivo, molti americani lo incontrarono per la prima volta grazie a Questa terra è la mia terra. Aveva già registrato il suo celebre disco Dust Bowl Ballads, nel 1940, ma di copie stampate ce n’erano relativamente poche e, al di fuori dei piccolo circoli bohémien di sinistra di New York, non erano in molti ad aver sentito il disco dopo la sua pubblicazione. Però, quando uscì Questa terra è la mia terra, nel 1943, Woody divenne una celebrità letteraria (per quanto minore). In questo libro c’è una scrittura fantastica, quasi cinematica, ma, al di sopra di qualsiasi altra cosa, questo libro è uno splendido esempio di auto-mitizzazione americana. Dico sempre che, dopo aver letto Questa terra è la mia terra, bisogna regolare al massimo il nostro rilevatore di stronzate.»

Stephen Amidon è noto al pubblico italiano soprattutto per il romanzo Il capitale umano, portato sul grande schermo da Paolo Virzì. «Senza Woody Guthrie non sarebbero esistiti né Bob Dylan né Bruce Springsteen. Non c’è altro da dire.»

Ashley Kahn è uno dei più raffiniti critici musicali americani nonché autore di libri seminali come A love supreme e Kind of blue, sulla creazione dei due capolavori del jazz. «L’America adora le sue storie on the road. Sono nelle nostre canzoni, nei nostri film, nei nostri romanzi, nel nostro sangue: Le avventure di Huckleberry Finn; Sulla strada; Paura e disgusto a Las Vegas. E, ovviamente, Questa terra è la mia terra. Il contributo di Woody Guthrie a quest’illustre tradizione spicca per il suo straordinario talento di cantautore, con i suoi dettagli crudi, la sua retorica visionaria e il suo contesto storico: l’America delle “dust bowl” e della Grande Depressione che faticava a realizzare le promesse fatte a se stessa in principio. È intrigante che la musica non svolga un ruolo primario: il libro è di fatto un racconto semi-romanzato dei primi giorni di Guthrie e narra le difficoltà e i viaggi e la celebrazione dell’uomo comune, il materiale stesso per le canzoni che presto Guthrie avrebbe composto e reso famose. Le domande poste dal titolo originale stesso – di quale gloria parliamo e chi è destinato a quella gloria – indicano i sogni e gli ideali che l’esperimento americano sta tuttora tentando di capire.»

Grayson Capps è un musicista dell’Alabama, un fine cantautorato folk e blues e un grande appassionato di libri, oltre che uno studioso di teatro (materia in cui si è laureato). I suoi dischi If you knew my mind e Wail & Ride sono l’anello di congiunzione tra le tradizioni folk e blues. «Il suggerimento più affascinante o il commento più saggio che io abbia mai udito sullo scrivere canzoni viene da Woody Guthrie. Disse una volta che solitamente suonava canzoni di due accordi, ma che, talvolta, aggiungeva un accordo per far colpo sulle signore. Parole che sono per me ancor oggi un’ispirazione!»

Giornalista, conduttore radiofonico e ricercatore della storia del blues, Scott Barretta ha tenuto corsi sulla musica tradizionale afroamericana presso la University of Mississippi. «Questa terra è la mia terra è lo splendido ritratto della vita di un individuo affascinante ed è ancor più importante per il modo in cui celebra la dignità dell’uomo comune. Nel corso della Grande Depressione, quando in America le persone stavano rivedendo il significato di democrazia, Guthrie divenne uno dei principali esempi americani di ciò che Antonio Gramsci definì un “intellettuale organico”, raccontando la verità di fronte al potere con un linguaggio fintamente semplice.»

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