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A Taormina in scena una Turandot così sobria e puntuale da risultare superba

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Un’opera ben fatta, anzi una vera e proprio perla: è andata in scena al Teatro Antico di Taormina la Turandot di Puccini con un cast dal respiro internazionale con il soprano italo francese Christelle Di Marco che incarna la gelida principessa; la sicurezza vocale di Eduardo Sandoval è l’inno vittorioso di Calaf, mentre la duttilità di Elena Mosuc è la forza della dolcezza del personaggio di Liù.

Lo spettacolo faceva parte del Festival Lirico dei Teatri di Pietra che per il quarto anno consecutivo vantava la direzione musicale del Maestro Filippo Arlia

Una serata riuscita, dicevano. Anzitutto per la pulizia dell’esecuzione e per l’equilibrio voci-orchestra in un contesto nel quale i cantanti erano sul palco davanti al pubblico e l’orchestra e il suo direttore alle spalle, senza poter vedere i cantanti e viceversa.

Invece gli attacchi sono stati pressoché puntuali mentre le voci non hanno annullato l’orchestra e viceversa. Di alto livello i cantanti e l’esecuzione senza sbavature di rilievo ma, al contrario, capace di far immergere gli spettatori nella storia di Kalaf e Turandot (e la povera Liu).

E qui bisogna fare una breve riflessione sul direttore, il maestro Arlia. Al di là dell’indubbia qualità del del Coro Lirico Siciliano e dell’Orchestra Filarmonica Della Calabria non si può non sottolineare un dato distintivo di Arlia che si sta affermando nella scena musicale anche per il suo eclettismo. Infatti passa con disinvoltura attraverso genere assai differenti e che qualcuno giudica perfino incompatibili: pianista in coppia con un suonatore di bandoneon (in altri casi con una piccola formazione con cantante) per proporre il meglio del tango, a partire della straordinaria opera di Astor Piazzolla, poi le serate che ripropongono il meglio di Ennio Morricone e riletture del ‘verista’ Francesco Cilea, un grande della musica troppo poco valorizzato.

Il tutto lavorando come direttore del Conservatorio Tchaikovsky di Catanzaro e impegnato in una vera e propria attività quasi da ‘impresario’ per valorizzare l’Orchestra Filarmonica Della Calabria ed essere presente nei migliori cartelloni.

Forse un produttore e la stessa regione Calabria potrebbero promuovere un documentario su questa nuova figura così versatile nel campo della musica.

Ultima cosa sulla rappresentazione di Turandot, ossia la nuova mise en espace di Salvo Dolce, sobria ed essenziale che anche senza grandi scenografie ha perfettamente fatto percepire il senso dell’opera, ha fatto immergere il pubblico in una ideale Pechino con un’impostazione così modesta da apparire superba.

Unica notazione: se invece di ‘mise en espace’ si volesse usare la parola regia possiamo assicurare che nessuno di noi se ne avrebbe a male.

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