di Alessia de Antoniis
MADDALENA MAYNERI FONDATRICE CORTINAMETRAGGIO
Il primo film della storia è in realtà un corto: “L’uscita dalle officine Lumière” del 1895 dei fratelli Lumière dura infatti solo pochi secondi. Un corto, come quelli che rendono unico Cortinametraggio, il festival di riferimento per i corti che festeggia quest’anno il suo 20° anniversario.
Venti nuovi, questo è il motto della nuova edizione presentata a Venezia81, che si svolgerà a Cortina d’Ampezzo dal 17 al 23 marzo 2025.
Barbara Venturato, giovane promessa del cinema italiano, sarà il volto di questa edizione. La Venturato (L’Italia chiamò di Luca Lucini e Rido perché ti amo di Paolo Ruffini) incarnerà lo spirito fresco e dinamico del festival, fondato e presieduto da Maddalena Mayneri, che da vent’anni celebra il meglio della cinematografia breve italiana.
A Venezia Maddalena Mayneri ci racconta il suo viaggio ventennale nelle nuove generazioni: “ Sono nel mondo del corto dal 97. Mi ero prefissata l’idea di scoprire talenti, perché credo che i giovani che fanno corti abbiano diritto a prolungare la loro carriera nel mondo del cinema nel tempo e con tanti altri film”.
Inizia così la lunga chiacchierata in un mondo da molti considerato di serie B, che lascia invece stupiti quelli che lo scoprono. Un po’ come rimanevamo ipnotizzati guardando i corti, diretti anche da registi che hanno fatto la storia, di “Ai confini della realtà”.
Il corto è solo una palestra per giovani registi?
Una volta si diceva così, che era la rampa di lancio per entrare nel mondo del lungometraggio. Nel 2024 posso dire che non è più solo una palestra, perché ci sono registi che sono partiti dai lunghi e che oggi fanno dei corti bellissimi. Per diletto e per far lavorare i giovani. E così il cortometraggio è diventato una parte importante del cinema internazionale.
Cortinametraggio è un festival di corti italiani. Perché?
Io lavoro con il cinema italiano perché credo che i registi italiani abbiano diritto di avere il massimo aiuto nella crescita. Nei concorsi internazionali dei corti chi vince il miglior corto assoluto, il più delle volte sono i corti di nazioni che hanno più sovvenzioni. Invece il cinema italiano è fantastico ed è per questo che ho creato, con Cortinametraggio, un festival di corti unicamente italiano.
Ogni anno proiettiamo anche cinque corti di un Paese straniero, ma extra concorso. Il prossimo anno sarà il Portogallo. Sulla piattaforma di Film Freeway sono aperte le iscrizioni di corti italiani e portoghesi.
Com’è considerato il corto nella cinematografia italiana e che mercato ha?
Sta crescendo moltissimo. Molti canali televisivi hanno cominciato a metterli sulle loro piattaforme. Ad esempio Rai 3 ha in palinsesto In corto d’opera, una trasmissione dedicata ai cortometraggi, in collaborazione con Rai Cinema. Una selezione di corti è anche su RaiPlay. È un bel progetto.
Grazie ai festival che stanno nascendo, anche in Italia si inizia a capire l’importanza del corto. Oggi, se chiedi alle persone per strada cos’è un cortometraggio, a differenza di qualche anno fa, ti sanno rispondere. Un tempo ti chiedevano se era uno spot; non sapevano l’esatta definizione di cortometraggio.
Quali sono i pregi del corto, soprattutto per attori, registi e sceneggiatori della Next Gen?
A Cortinametraggio il corto non deve superare i 20 minuti. Quindi in 20 minuti devi riuscire a trasmettere le emozioni che di solito comunichi in un lungometraggio. Hai pochi minuti per poter dire: goditi questo film, aspetta il finale con ansia, perché io ti lascio con la suspense fino all’ultimo. E non è facile. Questo per me è un pregio e fa vedere anche il valore di un valido regista.
E poi i corti aiutano attori, registi e sceneggiatori a crescere, a farsi conoscere, perché se un bravo regista fa un bel corto e ha una buona squadra, tutti loro hanno la possibilità di farsi vedere. Al Cortinametraggio vengono molti produttori e registi, anche famosi, all’apice della loro carriera, proprio per incontrare attori e registi della nuova generazione. È fondamentale per i ragazzi essere ai festival, lasciarsi coinvolgere, entrare in contatto con chi il cinema lo fa da sempre.
Quali sono i settori più adatti al linguaggio del corto?
È adatto, ad esempio, al film impresa: brevi film commerciali, ma interessanti, belli. Con il corto posso raccontare una storia, non è il classico spot pubblicitario.
Dieci anni fa Cortinametraggio aveva una sezione per il brand entertainment: posso dire che sono stata la prima a lanciare questo genere di corti e a metterli in concorso. Poi hanno iniziato anche altri e ho continuato a fare solo il cortometraggio puro, non brandizzato. Ma i miei sponsor hanno l’obbligo di dare in premio la possibilità di realizzare un corto per l’azienda al regista vincitore. Ne sono un esempio la Capitaneria di Porto e la Guardia Costiera.
Quest’anno a Cortina hanno premiato due registi in concorso e a breve gireremo due corti per i 160 anni della Guardia Costiera e della Capitaneria di Porto.
Quali sono temi più ricorrenti nei cortometraggi e quali i generi che potrebbero essere esplorati di più?
Io cerco di spingere la commedia, perché abbiamo bisogno di sorridere. Quindi chiedo a tutti: vi prego, fate commedie! Ne vedo molti su femminicidio, mafia, delinquenza. Credo siano influenzati dalle serie televisive.
Alcuni parlano d’amore. Quest’anno abbiamo fatto per corto che trattava dell’Alzheimer, ma con un tono romantico. Vedo molta tristezza e poca voglia di sorridere nei registi. Invece io li spingo a ricordare che il cinema italiano nasce dalla commedia.
Peppino De Filippo diceva che a far piangere sono buoni tutti…
Sicuramente si rendono conto che far commedia è molto più difficile.
Un corto che ti ha colpita più degli altri?
Il cortometraggio del 1999 di Paolo Genovese Piccole cose di valore non quantificabile: mi ha cambiato la vita. E mi ha anche fatto capire che il mondo del cortometraggio sarebbe stata la mia vita. L’avrò visto migliaia di volte, perché ogni volta che vado a fare lezioni, convegni, dibattiti, porto quel corto da far vedere. E la reazione che vedo tra i ragazzi, tra gli studenti, dalle elementari all’università, ma anche tra gli imprenditori, è sempre la stessa. Ridono tutto il corto, poi non capiscono cosa stia succedendo… ultima scena, silenzio totale, applauso. Presentare un corto è un po’ come viaggiare con una borsetta invece che con un bagaglio enorme: dalla scuola all’azienda è spendibile in qualunque contesto.
Cortinametraggio in questi anni ha supportato molti talenti delle NextGen. E le madrine?
Tutte le madrine precedenti che hanno dato un’immagine al Cortinametraggio, ti dicono che gli ha portato fortuna. Il prossimo anno c’è Barbara Venturato. Il festival dà a tutti loro la possibilità di farsi conoscere durante gli incontri che organizziamo. Da noi si creano contatti, anche con una chiacchiera amichevole, seduti a tavola tutti insieme. Per la prossima edizione abbiamo riconfermato la collaborazione con il Centro Sperimentale e penso che per un giovane regista sedere a tavola con Paolo Genovese, Pierfrancesco Favino o con Nancy Brilli, e poter far domande in libertà, sia la cosa più bella in assoluto.
I corti possono beneficiare delle piattaforme e dei diritti SVOD?
Le piattaforme sono eccezionali. Rai Cinema è la più forte. C’è WeShort e tante altre nascono continuamente. Credo però che dovrebbero trasmettere in chiaro, gratis. E rientrare dei costi con la pubblicità.
Nel secolo scorso in sala c’era un corto proiettato prima del film. Funzionerebbe ancora?
Io lo spero sempre. Se gli esercenti accettassero di togliere un po’ di pubblicità sarebbe bellissimo. Ma la pubblicità li paga. È sempre il problema del vil denaro.
Un’idea per incentivare il corto?
Andare ai festival, vederli, innamorarsi e poi andarseli a guardare sulle piattaforme. Magari su RaiPlay che li manda gratis.
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