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Tex Willer, il più amato eroe del fumetto italiano

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di Gabriele Bisconti

Gianluigi Bonelli era un milanese del 1908 che aveva iniziato giovanissimo con il Corriere dei Piccoli dove alla fine degli anni Venti scriveva poesie, poi negli anni Trenta pubblicava, a puntate, il primo dei suoi tre romanzi di avventure su L’Audace, uno dei primi giornali a pubblicare fumetti attraverso le sapienti mani di Rino Albertarelli e Walter Molino, giornale di cui Bonelli acquisirà i diritti editoriali cambiando il nome in Editrice Audace affidandola all’ex moglie Tea Bertasi e al figlio Sergio, casa editrice che si trasformerà in Sergio Bonelli Editore.

Aurelio Galleppini, in arte Galep, era nato a Casal di Pari (Gr) nel 1917 da genitori sardi e trascorse gran parte della sua giovinezza in Sardegna dove, senza terminare gli studi, si dedicò al disegno e alla pittura da autodidatta. Iniziò illustrando fiabe per il settimanale romano Mondo Fanciullo e copertine per riviste illustrate. Nel 1940 si trasferì a Firenze per collaborare con L’avventuroso della Casa editrice Nerbini ma, dopo che la censura fascista intervenne a snaturare il contenuto e la forma dei racconti a fumetti, sospese ogni attività in questo campo.

Nell’immediato dopoguerra Galeppini si dedicò alla pittura e all’insegnamento del disegno e riprese l’attività di illustratore con una serie di albi per l'”Intrepido” nel 1947 proprio l’anno in cui prese i contatti con Tea Bertasi di EditriceAudace per iniziare la collaborazione con Gianluigi Bonelli.

Fu attraverso questo incontro fra i due che Tex Willer fece la sua prima apparizione giovedì 30 settembre 1948 in tutte le edicole che in un minuto manifesto annunciavano: «Ragazzi: eccovi finalmente TEX, L’albo più ricco al prezzo più povero! 36 pagine 15 lire». Con tanto di copertina del primo numero di Tex a striscia dal titolo Il totem misterioso.  

Era quello un anno decisivo per l’Italia. Le rovine materiali e morali della guerra erano ancora evidenti e la Repubblica era nata da appena due anni con le donne chiamate al voto per la prima volta. L’assemblea costituente si era impegnata nello scrivere la Costituzione che il primo gennaio del 1948 entrava in vigore e, nemmeno quattro mesi dopo, le prime elezioni legislative della nuova Repubblica vedranno la Democrazia Cristiana con il 48,51 % sconfiggere duramente il Fronte Democratico Popolare dei comunisti e socialisti che si ferma al 30, 98%.

È in questo contesto che diluiva il passato nel presente che Bonelli e Galeppini calano Tex Willer, un eroe particolare che si schierava senza troppi calcoli dalla parte di chi i soprusi li subiva. Una qualità importante in un periodo che giustizia e coraggio erano doti che attraevano, ma comunque non sufficienti a giustificare l’immediata popolarità del personaggio. Forse intrigava anche il fatto che, per esempio, Tex avesse una storia di fuorilegge prima di passare dalla parte della legge come Ranger.

Per i lettori usciti dalla rigidità della cultura fascista, leggere Tex era un atto trasgressivo rispetto ai più tranquillizzanti “Topolino” e ai settimanali cattolici “Il Giornalino” e “Il Vittorioso” del primo Jacovitti. Tex non contemplava perdono e pentimento, era un inesorabile violento anche se in nome della suprema giustizia.

In più, sin dalle prime strisce, incuriosiva e appassionava che il bianco Tex avesse sposato Lilith, figlia del sakem dei navajos e che i due avessero avuto un figlio meticcio, Kit (Piccolo Falco) e che Lilith morisse presto di vaiolo, un’infezione che la storia, quella vera, diceva voluta dai trafficanti bianchi per sterminare i nativi.

Appassionava e faceva riflettere anche che Tex, nel frattempo diventato Aquila della notte, diventasse capo di tutte le tribù navajo e che fra i suoi compagni di avventure ne avesse uno navajo, Tiger Jack, e un altro bianco in Kit Carson. Questo è un altro fattore che aiuta a capire il personaggio che sin da subito fu esempio di integrazione non discriminando mai i nativi a differenza del cinema western che ha invece necessitato di qualche altro decennio per giungere ad un approccio simile.

L’inizio di Tex fu in formato orizzontale, una scelta grafica che segnò un’epoca, che accompagnò i lettori in un flusso d’azione rapido e coinvolgente, uno stile ancora impresso nella memoria di coloro che si innamorarono del personaggio iniziale. Questo formato rimase in uso fino al giugno 1967, quando fu sostituito dal leggendario “formato Bonelli” (21×16 cm), che diventò il simbolo stesso del fumetto italiano, oggi imitato da innumerevoli edizioni di fumetto cartaceo.

Se inizialmente Gianluigi Bonelli si occupava di tutte le storie, negli Anni Settanta entrò in scena il figlio Sergio, sotto lo pseudonimo di “Guido Nolitta”, noto per essere anche il creatore di Zagor. Negli Anni Ottanta, la serie Tex subì un’ulteriore evoluzione con l’ingresso di Claudio Nizzi, che aggiornò il personaggio e le sue avventure per un pubblico più moderno, mantenendo però il rispetto per la tradizione.

Sotto la sua guida, Tex e i suoi “pards” affrontarono storie più realistiche e meno fantastiche, rispecchiando forse un’Italia in cambiamento, meno attratta dagli elementi magici che contraddistinguevano il Tex di Gianluigi Bonelli. Nizzi, nel 1988, sceneggiò lo speciale per i quarant’anni del fumetto Tex il grande, segnando l’inizio di una nuova era, anche con l’introduzione del formato graphic novel.

Dal 2012 il testimone è passato in mano a Mauro Boselli, diventato il curatore ufficiale della testata. Boselli ha riportato in auge l’epicità delle origini, pur aggiungendo maggiore profondità ai comprimari, come Kit Carson, Tiger Jack e Kit Willer, che hanno assunto ruoli sempre più centrali nelle storie. Il lato più ribelle e avventuroso di Tex è tornato protagonista con la serie Tex Willer, che dal 2018 racconta le sue avventure giovanili.

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