Al 15° Festival della Fotografia Etica di Lodi spicca quest’anno, tra le 23 esposizioni presenti in 10 sedi, la contemporaneità della mostra ”La guerra a Gaza attraverso gli occhi dei suoi fotogiornalisti”, alla sua prima uscita mondiale: una ventina di foto di un gruppo di fotografi residenti a Gaza – oltre 100 fotoreporter hanno già perso la vita nel conflitto. Nei loro scatti, questi autori portano sotto ai nostri occhi la tragica attualità di un’altra guerra che pare infinita, e testimoniano come l’immobilità dell’immagine fotografica, rispetto a quella in movimento, esprima a volte meglio il coinvolgimento emotivo.
“Da sempre l’elemento caratterizzante del Festival è portare al pubblico storie uniche, emozionanti e soprattutto necessarie” ha spiegato il direttore artistico del Festival Alberto Prina a Luciano Fioramonti di ANSA. E ha continuato, esplicitandone il concept: ”Il Festival parla alle coscienze e cerca di ragionare sui valori, su che cosa consideriamo importante e rilevante nelle relazioni tra le persone, cosa costituisce una società”. I lavori selezionati per l’edizione di quest’anno sono quasi un migliaio, proposti da 200 fotografi nella sezione principale e 110 nella sezione off provenienti da 40 paesi: uno sguardo differente e perciò prezioso per capire la contemporaneità.
Uno degli argomenti affrontati, ha fatto notare Prina, è l’aborto, ”un tema che tocca tanti aspetti, la vita, la salute, la donna. Il contributo di questo progetto è portare un punto di vista, non è mai dare una soluzione. Sono fotografie che dobbiamo guardare, senza una posizione esplicita ma lasciando la parola al fotografo. Noi intendiamo la fotografia come testimonianza diretta di ciò che si è visto, non c’è intelligenza artificiale, postproduzione e finzione”.
Prina ha anche spiegato che “Quest’anno abbiamo guardato alla nostra storia con una mostra dedicata alle immagini-simbolo di tutte le edizioni, realizzato un podcast sulla fotografia con le interviste a quattro autori e un libro sui 15 fotografi più rappresentativi”.
Quest’anno si ripete inoltre, per la terza volta, l’appuntamento con la mostra internazionale itinerante del World Press Photo, il concorso internazionale di fotogiornalismo e fotografia documentaria più famoso al mondo che si svolge da quasi 70 anni, indetto dalla World Press Photo Foundation di Amsterdam. Lodi ne è tappa nazionale, e presenterà i fotografi vincitori dell’edizione 2024, proponendo contenuti, visite guidate e incontri per approfondire i loro progetti.
Il World Report Award – Documenting Humanity è sempre il nucleo pulsante dell’esposizione, anzitutto con le categorie Master, Spotlight e Short Story, in cui sono stati premiati rispettivamente i reportage di Giles Clarke sulla guerra civile a Haiti, quello sull’ aborto di Kasia Strek e “Oshevensk” di Francesco Comello, che dà voce a una comunità resiliente dello sperduto villaggio russo.
Menzione speciale nella stessa sezione è andata a Laetitia Vançon per il suo lavoro che approfondisce le conseguenze durature che la guerra produce sui giovani in Ucraina, a quasi due anni dall’inizio del conflitto.
Nella categoria Student ha dominato Camilla Richetti con “Dancing Spirits”, ambientato nella Repubblica del Congo, ricerca dell’armonia tra progresso umano e mondo naturale, mentre nella sezione Single Shot ha vinto Patryk Jaracz con la sua immagine di bambine che giocano nei campi in Ucraina mentre una di loro impara ad andare in bicicletta, con sullo sfondo gli effetti di un attacco di droni: la foto è il manifesto del festival di quest’anno.
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