“In Peter Grimes (di Benjamin Britten, ndr) il vero tema è quello dell’emarginazione. Il mondo odierno assiste a così tante tragedie e violenze mosse contro ‘l’altro’. Ovunque emerge intolleranza: dalle rivolte anti-musulmane e anti-immigrazione in Gran Bretagna fino a Trump che parla degli immigrati che ‘mangiano cani’. Si tratti di pregiudizio sessuale, pregiudizio razziale, pregiudizio di genere, disabilità o altro, Peter Grimes tratta di questo”. Lo dice la regista Deborah Warner nella densa intervista a Gregorio Moppi a pagina 195 nel libro che il Teatro dell’Opera di Roma ha dedicato all’allestimento dell’opera lirica appena rappresentata nella sua sede principale, il Teatro Costanzi nella capitale.
Il calendario ha intrecciato il compositore inglese a un titolo nuovo di zecca nel vicino Teatro nazionale, sempre con l’orchestra dell’ente: L’ultimo viaggio di Sindbad, della compositrice romana Silvia Colasanti. Commissionata dalla stessa Fondazione lirico-sinfonica capitolina, organizzata insieme al RomaEuropa festival, ispirata a testi di Erri De Luca, con libretto di Fabrizio Sinisi, l’opera è un viaggio sulla scia dei racconti di Sherazade nelle mille una notte e vira su un tema scottante: quanti migranti affogano nel Mediterraneo inseguendo il sogno dell’Europa via da guerre, violenze o povertà. L’intreccio dei due titoli si è rivelato, purtroppo dati i tempi, la cronaca, le tentate deportazioni in Albania, di estrema drammaticità.
Sensibilità e sintonia. Nel Peter Grimes il direttore Michele Mariotti ha manifestato grande sensibilità, tanto capace di restituire i voluti stridori del capolavoro del compositore britannico come le sfumature, i bagliori, la tensione come nei celebri “interludi” acustici. Forte la sintonia tra conduzione musicale, l’efficace regia di Deborah Warner e un allestimento essenziale (di Michael Levine) e, pertanto, ancor più evocativo. La folla inferocita evoca pulsioni fasciste e manipolazioni di massa. Straordinario e molto applaudito Allan Clayton nel ruolo del tormentato pescatore contro gli abitanti del misero villaggio sulla costa orientale inglese, eccellente la sensibile Ellen Orford interpretata da Sophie Bevan, molto buono il cast, bravo il coro diretto da Ciro Visco.
Il mare protagonista. In Britten il mare è fonte di lavoro, di fatica, di risorse, è una potenza inarrestabile dove si fatica, si spera, dove si muore, è protagonista dell’opera di tre ore ispirata al poema The Borough di George Crabbe, con libretto di Montagu Slater, che esordì a Londra nel 1945. Il mare, notturno, regola vita e morte anche ne L’ultimo viaggio di Sindbad, dove il capitano Sindbad porta un carico di donne, uomini e bambini in un barcone arrugginito evocato da un azzeccato allestimento scenico di Leila Fteita.
Sottigliezze e amarezze. Silvia Colasanti dispiega sottigliezze e malinconie in una musica contemporanea che si ascolta con gusto, si sente come la compositrice ami predecessori come Britten. In un’ora la partitura tocca più registri, sa commuovere, nelle sonorità e nelle vocalità disegna il dramma, la speranza, la paura, il sogno di questi migranti, nel finale con il canto infantile sfiora o anzi tocca quella dolcezza sublime e struggente raggiunta anni fa con la sua opera Minotauro. Efficace il direttore Enrico Pagano, in armonia con la riuscita regia di Luca Michieletti. Roberto Frontali è un protagonista cinico in apparenza, in verità lacerato, Paolo Antognetti il nostromo e figura sacrificale, il coro era la scuola di canto corale del teatro romano.
Bambini privati dell’infanzia. Altro ancora accomuna Peter Grimes e Sindbad: entrambe le opere cantano di emarginati come il pescatore Peter, indipendente, pieno di asprezze verso i due giovanissimi mozzi destinati a perire, di bambini senza infanzia perché poveri, cantano della povertà che nel nostro mondo diventa un crimine. Britten e Colasanti interpretano, intimamente, il senso dell’abbandono e di infanzie negate, il dolore di sentirsi ai margini, inadeguati, tagliati fuori perché non conformi, come sanno fin troppo bene le ragazze e i ragazzi bullizzati ieri e bullizzati oggi. Sono opere che puntano all’animo di tutti.
Il problema: Sindbad non gira in altri teatri. Entrambe le opere sono state meritoriamente trasmesse in diretta da Rai Radio3. Peter Grimes è un nuovo allestimento coprodotto da Roma con il Teatro Real di Madrid, la Royal Opera House Covent Garden di Londra, l’Opéra national di Parigi: i costi vengono distribuiti. Invece Sindbad, produzione complessa e anch’essa con tante figure sul palcoscenico, non ha in programma altre tappe.
Per quanto sia complicato e costoso organizzare altre rappresentazioni, la critica va estesa a un sistema musicale intero: quando l’infinita tristezza del finale sigilla come un addio funebre il dolore di questa povera umanità e cala il sipario, il rammarico che questo barcone non viaggi in altri teatri si fa ancora più pungente, perfino irritante. Sindbad non dovrebbe limitarsi a cinque serate e restare riservato a un pubblico troppo limitato: se accade – come al momento pare – sarà un vero peccato e un limite pesante.
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