di Luisa Marini
Il cinema di Daniele Vicari non fa sconti alla realtà, da sempre: ce la butta in faccia, e ci fa pensare, come deve fare tutta l’arte, e come purtroppo nel cinema italiano è ormai raro accada. Io me lo ricordo, Daniele, all’università a Roma, già allora serio e impegnato, quando come me studiava cinema, ma con Guido Aristarco. E nel tempo, da Velocità massima fino a Diaz e ai film successivi, abbiamo sempre più sentito bisogno del suo sguardo. Ammazzare stanca è il titolo del suo nuovo film, scritto con Andrea Cedrola, che dopo la recente fine delle riprese, durata otto settimane in Emilia-Romagna e Calabria, passa ora all’edizione.
Stavolta Vicari mette in scena la storia vera di Antonio Zagari: “Ho letto l’autobiografia molti anni fa” – ha dichiarato all’ANSA – “e ho pensato subito valesse la pena trasformarla in un film perché in questo racconto si mescolano molte cose che mi appassionano: action, conflitti familiari, desiderio di emancipazione, amore, tragedia e ironia. Poi c’è in filigrana il ventennio ’70-’80, la storia di una generazione, anni controversi, duri, ma pieni di vitalismo e di speranza anche nella tragedia. Insomma, un film assolutamente da fare”.
La storia è questa: nei primi anni ’70 Antonio, figlio del pericoloso boss calabrese trapiantato in Lombardia Giacomo Zagari, capisce di non essere adatto a quella vita estrema e, mentre i suoi coetanei si ribellano nelle fabbriche, nelle università, nelle piazze, trova il coraggio di andare contro il padre.
I produttori Pier Giorgio Bellocchio, Antonio e Marco Manetti hanno raccontato così la nascita del progetto: “Ammazzare stanca nasce dalla precisa volontà della Mompracem di realizzare un film con Daniele Vicari, autore di cui da sempre ammiriamo il lavoro e la visione. Tre anni fa, lo abbiamo contattato proponendogli di realizzare un progetto insieme, senza avere un’idea precisa in mente, ma spinti dal desidero di lavorare con lui. Dopo qualche mese, Daniele ci ha parlato dell’autobiografia di Antonio Zagari che ci ha immediatamente colpiti. Abbiamo acquistato i diritti del libro, coinvolto Rai Cinema che con entusiasmo ha deciso di entrare a far parte del progetto, e da lì è partita questa straordinaria avventura”.
Sulla nostra contemporaneità, qualche anno fa Daniele Vicari in un’intervista alla rivista Rolling Stone ha condiviso questa riflessione: «Mi colpisce da tempo la tendenza fortissima della nostra società a chiudersi, delle persone a rimanere a casa, una claustrofobia autoindotta che dà spesso l’effetto “liberi tutti” durante le vacanze, che non a caso agogniamo sempre fin troppo. Uno stile di vita reclusa acuita dai social che danno l’illusione costante di vedersi, raccontarsi, viversi anche solo scrivendosi. E intanto sono anni che non ci incontriamo mai. Qualcosa a cui io, che vengo dalla montagna selvaggia, non mi sono mai abituato e che mi ha portato da tempo a prendere appunti. Ovvio che, quando è arrivato il lockdown, tutto questo è riemerso prepotentemente, e quelle pagine con esso. Mi sono reso conto che dal 2001 – dalle Torri Gemelle e dalla Diaz, appunto – abbiamo semplicemente paura di vivere, di andare in giro. Il Covid, come in tutte le altre cose, è stato solo un acceleratore di processi, ma noi eravamo in lockdown da vent’anni. Siamo passati, in Occidente, da un’idea di società aperta senza punti di ingresso e uscita, famiglie comprese, a una chiusura totale».
Come ha scritto Fabio Secchi Frau: “Per lui, il cinema è un affare sociale, strumento, al pari grado di altre arti, di svisceramento della sensibilità all’interno dei rapporti fra gli uomini. Il mettere in relazione. Questo è il suo stile e da qui partono i suoi progetti”. E ancora “L’equilibrio quasi affettuoso che Vicari ha con il cinema di oggi e quelli di ieri rimane intatto nella sua filmografia e nella sua professionalità. È un tipo tosto, Daniele, un po’ come i personaggi dei suoi film. Patinato e pragmatico, a volte, e sperimentale e futuribile, in altre, è comunque uno dei pochi autori italiani capaci di accettare il rischio della ricerca espressiva, seguendo contaminazioni che ridanno linfa nuova a quel processo artistico, viscerale e intuitivo che è il cinema”.
Nel film Ammazzare stanca recitano Gabriel Montesi, Vinicio Marchioni, Selene Caramazza, Andrea Fuorto, Thomas Trabacchi, Cristiana Vaccaro, e Rocco Papaleo nel ruolo di Don Peppino Pesce. Prodotto da Pier Giorgio Bellocchio di Manetti bros., è una produzione Mompracem con Rai Cinema, con il sostegno della Regione Emilia-Romagna attraverso Emilia-Romagna Film Commission e con il supporto della Calabria Film Commission.
Daniele Vicari, classe 1967, dopo la laurea in cinema, negli anni 90 scrive come critico cinematografico sulle riviste Cinema Nuovo e Cinema 60, realizza i suoi primi cortometraggi e trova la sua dimensione nel documentario. Nel 2002 esordisce nel lungometraggio di fiction con Velocità Massima, protagonista Valerio Mastandrea, in concorso alla 59ª Mostra del cinema di Venezia. Nel 2005, con L’orizzonte degli eventi, interpretato di nuovo da Valerio Mastandrea con Francesca Inaudi, partecipa al Festival di Cannes. Al Festival di Roma 2008 presenta Il passato è una terra straniera con Elio Germano e Michele Riondino, dal romanzo di Gianrico Carofiglio. Diaz, crudo racconto dei fatti del G8 di Genova, esce nel 2012 e vince ex aequo il Premio del pubblico al Festival di Berlino, oltre a numerosi altri premi internazionali. Sole cuore amore con Isabella Ragonese esce nel 2017 e riceve il Nastro d’argento per la legalità, premio che doppierà l’anno successivo con Prima che la notte, la storia del giornalista Pippo Fava, ucciso da Cosa nostra nel 1984, interpretato da Fabrizio Gifuni. Durante il lockdown gira Il giorno e la notte. Orlando, con Michele Placido, è presentato al Torino Film Festival 2022. Quest’anno è uscito al cinema il suo ultimo documentario Fela – Il mio dio vivente. Vicari ha fondato e dirige dal 2011 la Scuola d’arte cinematografica Gian Maria Volonté.
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