Non c’era il chiaro di luna e neppure l’eco di una serenata quando, il 15 dicembre di 80 anni fa, il velivolo militare su cui stava volando Glenn Miller per raggiungere Parigi, dove la sua orchestra avrebbe dovuto suonare per i soldati che avevano da poco liberato la capitale francese, si perse nel buio della notte sulla Manica.
Tutto in pochi secondi si trasformò da una leggenda ad una tragedia, che assunse fin da subito i contorni del giallo. Il monoplano di costruzione canadese Noorduyn Norseman UC-46 era decollato da Londra in direzione Francia, ma non vi arrivò mai. Il velivolo monomotore, semplicemente, sparì nel nulla e con lui anche il corpo di Miller.
La tragica notizia venne diramata la vigilia di Natale quando le autorità militari americane ufficializzarono che il maggiore dell’aeronautica Alton Glenn Miller risultava disperso dal 15 dicembre. Il giorno dopo avrebbe dovuto tenere un concerto nella Ville Lumière per le truppe alleate che sei mesi prima erano sbarcate in Normandia e avevano liberato la capitale francese, e la notizia non poteva più essere tenuta nascosta.
Nato nel 1904, Miller, allo scoppio della guerra, con la sua musica guadagnava la stratosferica cifra di 15-20.000 dollari a settimana, ogni concerto veniva trasmesso in diretta dalla radio e i suoi dischi andavano a ruba.
La registrazione di “Chattanooga Choo Choo” (che originariamente era stato registrato come un brano big band e swing dall’ Orchestra di Miller e fu inserito nella colonna sonora del film Sun Valley Serenata del 1941) in poche settimane nel 1942 aveva sforato l’astronomica cifra di un milione di copie vendute valendo al suo autore il primo disco d’oro della storia.
Eppure Glenn Miller aveva rinunciato a tutto questo per potersi arruolare. La Marina lo aveva scartato perché troppo in là con l’età (38 anni, nel 1942) e allora lui aveva aggirato l’ostacolo proponendo a un generale la creazione di una banda dell’esercito in chiave contemporanea: gli diedero i gradi di capitano prima dell’Army Specialist Corps e in seguito dell’Army Air Force, per regalare ai soldati che ballavano sull’onda delle sue canzoni qualche ora di spensieratezza, lontano dai pensieri dei combattimenti contro i tedeschi.
Fra le sue composizioni più importanti c’è “Moonlight Serenade” (letteralmente “serenata al chiaro di luna”), alla quale si aggiunsero poco dopo le parole di Michelle Parish. Nel triennio 1939-1942 con la sua innovativa orchestra di fiati ha dominato dominato tutte le possibili classifiche di vendita di dischi.
Miller suonava dal vivo dirigendo l’Army Air Forces Training Command Orchestra e incideva i V-Disc in vinile, oggi ricercatissimi dai collezionisti, prodotti dal War Department, in cui la musica non di rado era preceduta da un discorso patriottico: la stessa filosofia alla base dei sette documentari «Why We Fight», con la supervisione di Frank Capra, per motivare l’opinione pubblica sulla necessità della guerra contro l’Asse.
Tornando alla sua scomparsa avvenuta in circostanze misteriose, il mancato ritrovamento del relitto dell’aereo e dei suoi resti, hanno innescato una ridda di ipotesi, alcune delle quali davvero fantasiose, per superare quella del semplice incidente.
Secondo alcune teorie, Miller sarebbe stato il “messaggero” di una proposta di pace separata da far pervenire al Maresciallo Gerd von Rundstedt, alla quale si sarebbe opposto il potente controspionaggio nazista SD (Sicherheitsdienst), che avrebbe catturato e torturato il musicista fino a provocarne la morte.
A contrastare l’Operazione Eclipse (questo il nome in codice di questa presunta missione segreta) era stato incaricato il maggiore SS Otto Skorzeny, che inseguiva la possibilità di arrivare tramite lui a uccidere il generale Dwight Eisenhower. Prima che Miller spirasse, piegato dalle sevizie, il suo corpo sarebbe stato lasciato davanti a un bordello di Pigalle.
Proprio dove, secondo altri, avrebbe invece perso la vita di conseguenza a un a banale rissa scoppiata tra gli avventori della casa d’appuntamenti. In entrambi i casi, l’imbarazzo delle autorità sarebbe stato palese, tanto da ritardare per giorni l’annuncio della morte e poter simulare la romantica caduta di un aereo che non sarebbe mai decollato da Londra.
Nel 2000, la vendita all’asta del vecchio Lancaster NF973 della Raf su internet, tra le prime di Sotheby’s con queste modalità, portò al rinvenimento del giornale di bordo su cui il tecnico di volo Deryck Thurman aveva annotato che un piccolo aereo, che non doveva affatto trovarsi sotto il quadrimotore e forse aveva variato la rotta, era stato investito dal lancio di bombe in una zona interdetta al traffico perché lì gli aerei si liberavano del carico quando le missioni non andavano a buon fine.
Il Norseman sarebbe stato abbattuto o da una bomba o dallo spostamento d’aria provocato dal massiccio bombardamento in mare. Glenn Miller, dunque, sarebbe morto per colpa del fuoco amico.
Questa storia risaliva comunque al 1953, quando era stato da poco girato il film biografico in cui il musicista era impersonato da James Stewart, ma non era stata presa sul serio, poiché si ritenne che la rivelazione fosse o un escamotage per destare curiosità attorno al film o l’iniziativa di qualche reduce che volesse farsi facile pubblicità.
Questa versione, nel 2001, sarà consacrata in un documentario in cui l’ex navigatore Fred Shaw ricostruisce e ribadisce l’accaduto con una dichiarazione consegnata in precedenza a una registrazione amatoriale.
E’ stata, invece, bollata come falsa e infondata la voce secondo la quale Glenn Miller si fosse concesso un’avventura mercenaria nella peccaminosa e tentatrice Parigi, morendo addirittura tra le braccia di una prostituta.
Insomma, Glenn Miller è scomparso ormai 80 primavere fa, ma i suoi capolavori continueranno a riecheggiare nelle orecchie delle persone di tutto il mondo per l’eternità.
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