di Frank Matano*
Tra le tante cose che ha fatto Massimo Troisi nella comicità e che, spesso, inevitabilmente può sfuggire è la sua capacità di trasformare le occasioni di interviste televisive in veri momenti di grande, grandissima comicità come pochi altri artisti in Italia.
Per me Massimo Troisi era anche questo: un grandissimo intervistato comico.
Io sono molto appassionato di cultura americana, cinematografica e comica soprattutto. E lì c’è una grande tradizione di grandi artisti che raccontano aneddoti molto divertenti in un late show.
David Letterman ne è, in un certo senso, l’emblema assoluto. Massimo Troisi era a livello mondiale come intervistato. Ricordo quando ho visto l’aneddoto della Befana… Che lui racconta che il padre non gli regalava la pistola ma gli regalava il trenino e quindi gli facevano fare il capotreno…
Insomma, qualcosa di assolutamente irresistibile e talmente geniale da restare insuperato e, forse insuperabile.
Io sono nato nel 1989 quindi il mio ricordo di Massimo Troisi arriva dopo. L’ho sentito prima parlare attraverso le persone del mio paese. È entrato nel linguaggio delle persone. Non è solo il linguaggio… È entrato nel modo che le persone, campane soprattutto, hanno di scherzare.
È talmente forte Troisi che quando lo vedi, e sei campano, ti relazioni immediatamente e ti convinci che non ci sia nessun altro modo di far ridere. Quello è il modo. Perché… Sembra “magico” no?
Quando scopri Troisi di solito succede che finisci nella “tana del coniglio” e ti vuoi vedere tutto.
Penso che sia importantissimo per un comico, qualunque comico, vedere Troisi, però non troppo. Proprio giuste dosi, perché poi puoi fare overdose di Troisi.
Troisi aveva trovato un ottimo modo di bilanciare la sua persona comica alla sua parte diciamo più intima lui. Riusciva a unire queste due cose e quando ti parlava, capivi a volte che magari stava entrando in una gag, che era un po’ più artificiale. Però era veramente difficile dire che Troisi stesse fingendo. E quindi è un funambolo il comico che deve stare un po’ di là, un po’ di qua. Deve essere sia sé stesso che un bravo performer.
E Troisi era tipo un maestro zen di questo, cioè fluttuava Troisi quando parlava.
- Tratto dal documentario “Buon compleanno Massimo” di Marco Spagnoli
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