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“Bellezza, addio”: Barbara Alberti ricorda Dario Bellezza su Sky

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di Alessia de Antoniis

In esclusiva su Sky Arte sabato 29 giugno alle 21.15 e in streaming su NOW, Bellezza, addio, il documentario di Carmen Giardina e Massimiliano Palmese, prodotto da Zivago Film e Luce Cinecittà. Bellezza, addio celebra la vita di Dario Bellezza, il Rimbaud di Monteverde, colui che Pasolini consacrò definendolo il “miglior poeta della nuova generazione”. Dario Bellezza, il “poeta maledetto, ma benedetto dalle muse” che aveva pubblicato il primo racconto esplicito di un amore omosessuale: Lettere da Sodoma. Il poeta morto di Aids il 31 marzo 1996.

Nel docufilm, una storia che inizia l’11 settembre 1995, quando un quotidiano dà la notizia che, tra i malati di Aids di un medico che usa cure alternative, c’è Dario Bellezza.

Segretario personale di Pier Paolo Pasolini, che lo lanciò nel mondo della letteratura, Bellezza faceva parte di una “comunità di fratelli” che animava i salotti della Roma intellettuale degli anni Settanta: Moravia, Elsa Morante, Laura Betti, Sandro Penna, Cordelli, Arbasino, Elio Pecora, Anna Maria Ortese. Nel docufilm, i racconti divertiti di Barbara Alberti, la rissa in tv con Aldo Busi, i vicoli di Roma, Campo de’ fiori, Testaccio. Le parole di Marina Ripa di Meana e Leo Gullotta. E Nichi Vendola: “se non fosse stato per Bellezza e le sue poesie, forse non avrei avuto il coraggio di dichiarare la mia omosessualità”.

In Bellezza, addio emerge un Dario Bellezza diverso da quello che vedevamo ospite da Maurizio Costanzo. “Non ho saputo sfruttare la mia fama perché sono un vinto. Sono sempre stato uno sconfitto”. “Ho subito due traumi in pochi giorni: il blocco della terapia e il trauma pubblico per l’accanimento”. “Credo che l’unica speranza sia dio, ma siccome io non ci credo…”.

Dolce leggerezza nella lettera di Barbara Alberti all’amico: Caro Dario, ti credi maledetto e sei perseguitato dall’allegria; ti credi brutto e sei bello. (…) Ti amo perché sei omosessuale, ma ti innamori anche delle donne”.

Ma cosa legava Barbara Alberti a Dario Bellezza?

La vita. Eravamo due grandi litigatori, ci piaceva la polemica, la dialettica. E poi eravamo due clown. Ci piaceva ridere, prendere e prenderci in giro, inventare battute. Erano anni in cui si viveva creando, con una libertà che oggi i giovani non possono neanche immaginare. Oggi si spiano tutti tra di loro. viviamo in un sistema di spionaggio reciproco, che nessuna polizia segreta di un regime dittatoriale avrebbe potuto inventare. 1984 gli fa un baffo. Winston Smith, il protagonista di 1984, aveva un angolo dove le telecamere non lo riprendevano. Noi abbiamo fatto in modo che non ci siano più angoli nascosti. Ci facciamo processi gli uni con gli altri, giorno e notte. Non si ha più neanche il concetto di libertà.

Cosa abbiamo perso del mondo che lei condivideva con Dario Bellezza?

Una società consapevole della sua umanità. Siamo stati gli ultimi ad aver sognato. Ho appena pubblicato il libro “Tremate, tremate. Le streghe son tornate” pescando le streghe tra quelli che ancora non si sono arresi al Grande Fratello.

E com’è una strega oggi?

Come è sempre stata: una persona libera, che non crede al solo bieco e tristissimo materialismo, capace di sognare, di immaginare utopie. La mia natura più profonda, ad esempio, è quella di clown e per questo io e Dario ci capivamo. Spesso litigavamo, ma poi ci incontravamo e scoppiavamo a ridere. A modo nostro, eravamo due streghe.

Cosa pensa della morte di Bellezza e cosa ricorda dell’ultimo periodo?

Dario fu ucciso da una cosa molto diffusa oggi: con una notizia su un giornale. È la tecnica del colpire a morte attraverso l’informazione: il classico omicidio simbolico. Ricordo che andai con Dario in vacanza, vicino Matera, con altri amici. Stava benissimo. Andava in bici. Lui che non era uno sportivo, camminava, nuotava, era allegro. Si mangiava e si beveva. Era malato, ma era protetto dal silenzio. Avere l’HIV negli anni Ottanta e Novanta, era come essere lebbrosi nel Medioevo. Per questo non voleva che si sapesse. Che lo sapesse il padre. Essendo omosessuale, era come una punizione divina:  per questo teneva alla sua riservatezza. Sapeva che era protetto. Non so chi si sia vendicato di lui, ma quello è stato un assassinio volontario. Rendere pubblica la sua malattia è stato levargli l’unica arma di guarigione o di sopravvivenza, che era il segreto. E anche per quanto riguarda la sua scelta di cure alternative, credo che ognuno debba essere libero di curarsi come vuole e di morire come vuole. Credo sia l’ABC di una democrazia. Qui si pretende di decidere come vivere e morire, le uniche cose che ci appartengono.

In Italia se hai soldi vai in Svizzera, altrimenti muori soffrendo…

Trovo ridicolo parlare di suicidio o morte assistita. Si muore e basta. Chiamare le cosa col proprio nome ha i suoi pregi. Vecchio e morte non li puoi togliere, ma stanno facendo questo. Vecchio, morte e suicidio sono tre parole che esistono.

Si è chiesta dove sono finiti gli uomini e le donne libere dei movimenti del ‘68 e perché ci troviamo in una società reazionaria e conservatrice?

Anche Crepet si è chiesto com’è che noi che ci ribellavamo nel ‘68 abbiamo dei nipoti che hanno come idolo le scarpe firmate. Io me lo domando e la risposta non la so.

Come nella canzone di Venditti, Compagno di scuola, ti sei salvato o sei entrato in banca pure tu?

No, perché oggi, chi fa opposizione, sono tutti vecchi. Chi parla fuori dal coro come Crepet, è vecchio. Qualcosa deve essere accaduto se abbiamo questi figli e nipoti. Siamo in piena censura data dal perbenismo, che è un ricatto di chi non concepisce l’uguaglianza. È il barocco moderno: invece di cambiare le cose cambiano i nomi.

Bergoglio, dopo l’uscita sulla frociaggine, lo avrebbe ancora considerato il più strego dei Papi?

No. Non mi piace questo linguaggio sboccato. Ha detto tante cose irregolari, ma sempre con leggiadria. Non capisco cosa gli sia preso. C’è una cosa che vorrei dire al Papa: dicendo questo, tu annienti, ridicolizzi il voto di castità. Chi prende i voti, secondo la religione cattolica, deve dimenticarsi di avere una sessualità, perché appartiene a Dio. Che poi, parlare di castità con preti che hanno stuprato i bambini o, cosa della quale si parla poco, stuprato suore… E anche rimanendo nelle pratiche lecite, se fai convivere uomini o donne, in una religione il cui il punto centrale è l’amore, non credi che si innamoreranno tra di loro? Crei una cultura di amore omosessuale. Non è questione di frociaggine, ma di una promiscuità monosessuale. Che significa quella frase del Papa? Che se fossero andati con le suore sarebbe andato bene? In una chiesa che è rimasta ai tempi della monaca di Monza, mi viene a parlare di frociaggine? È una volgarità gratuita. È una mossa da esperto di media

Bergoglio è il primo gesuita a salire al soglio pontificio, nonostante il grande potere che hanno avuto, e lo fa vestendo abiti da francescano. Credo sappia usare la comunicazione…

Considero i Papi i capi di un’associazione illegittima, fondata su un uomo che ha parlato di pace e povertà, e che hanno fatto della Croce una spada sterminando milioni di persone. Eppure ho una simpatia pazzesca per questo Papa. Ha portato leggerezza e humor. Come puoi essere spirituale senza essere spiritoso? È stato grandioso quando è andato a suonare i campanelli a Ostia a Pasqua dicendo “auguri soy el Papa”.

Lei ha curato per tanti anni la rubrica su Amica. Le scrivevano tantissime donne. Leggendo tutte quelle lettere, ha mai visto arrivare questa deriva perbenista e conservatrice?

No, per niente. Le donne che mi scrivevano lo facevano perché volevano essere incitate alla rivolta, a prendersi la loro vita. Non ho mai notato questo perbenismo. Scrivevano donne che dicevano: siamo sposati da 15 anni e non abbiamo rapporti da 12, però va con altre donne. Io rispondevo: stacci, perché evidentemente siete fatti l’uno per l’altra. Ma erano soprattutto donne alla ricerca di una loro risoluzione. C’era un aspetto romantico nello scrivere lettere anonime, che avevano bisogno di tempo per arrivare e per avere risposta. Per me fu un periodo magnifico. Poi, quando non mi andavano bene le cose che arrivavano, me le scrivevo da sola firmandomi con un altro nome e mi rispondevo anche. Le persone sanno benissimo quello che devono fare; vogliono solo un’amica, qualcuno che le ascolti.

Si è chiesta dov’è finita la sorellanza?

Ma quale sorellanza, non c’è mai stata. Ai tempi miei le donne si menavano. C’erano lotte di potere che sembrava la Casa Bianca. Però si discuteva, si parlava, ci si vedeva in piazza. Ora fanno questi scioperi a vuoto, magari organizzati benissimo, ma per cosa? Per la dignità delle donne? In generale sui diritti delle donne? Abbiamo una lista lunghissima, partendo dalle madri che lavorano, e tu mi fai degli scioperi a vuoto? Siete delle signorine da boudoir.

Prima avevamo poche donne come la Anselmi o la Iotti. Oggi ho molte più donne nei posti di comando, ma sembrano “uome”, mi passi il termine…

Non sovverti tutto in un minuto. Anche se non abbiamo tutti i diritti, non ci fanno più stare zitte. Ad esempio, una cosa che sembra niente, ma per me è fondamentale, è che anche donne bellissime possono far ridere, mentre prima per far ridere dovevi essere Mariangela Fantozzi. Virginia Raffaele è più bella della maggior parte delle donne che imita. Anche la Fanelli è una bellissima donna e questo per me è una grande rivoluzione. Poi c’è la Gheno che si è infastidita per il mio libro, perché, per la storia dello schwa, ho scritto: in mezzu del cammin di nostru vitu mi ritrovai in un selvu oscuru. E lei, che parla di inclusione, per insultarmi, mi dà della vecchia. Sono lapsus che smascherano l’inconsistenza assoluta di questi discorsi.

Quando lottava con Pannella avrebbe mai pensato che nel 2024 avremmo dovuto difendere la legge sull’aborto?

Intanto non ho mai lottato con Pannella, era Pannella che lottava per noi. Frequentavo il partito radicale. Comunque non mi aspettavo che avremmo dovuto lottare ancora, forse perché eravamo pieni di ottimismo. E poi, appena hai ottenuto un diritto, chi pensa che lo stai per perdere? Il divorzio e l’aborto furono veramente una grande rivoluzione per noi donne. Mi ricordo quando, in fila dal salumiere, sentivi una donna sussurrare all’altra: quella è una separata. Era un marchio. Eri una zoccola appena accettavi un caffè al bar. Non so cosa sia accaduto, ma non immaginavamo questo.

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