Il Ritratto ha svelato le molte facce di Vittorio Gassman, questo nostro grandissimo e geniale attore dalla produzione immensa (più di 120 film e altrettante produzioni teatrali), ma anche dell’uomo di cultura sempre al passo con il suo tempo, impegnato anche nel presente, nonostante la sua preparazione di base fosse fondata sui testi classici.
Vittorio Gassman rimase fedele alla tradizione del “grande attore” (del “mattatore”, come si diceva quando si parlava dei grandi attori dell’Ottocento) ma ne modernizzò lo schema e lo ripropose con prepotenza fino a diventare, giovanissimo, il vero dominatore della scene italiana, fin da quel memorabile “Amleto” del 1953.
Tentò fin dall’inizio la strada del cinema, avvalendosi di quella sua bella faccia classica che sapeva diventare sfrontata, anche del cinema di Hollywood, ma senza successo, finché non arrivò come un fulmine nel cinema italiano il personaggio di Peppe er Pantera, de “I soliti ignoti”, che segnò una svolta non soltanto nella carriera cinematografica di Gassman ma anche l’inizio della grande commedia all’italiana.
Arriveranno successivamente altri personaggi in un certo senso dirompenti, come il Bruno de “Il sorpasso”, o lo sfigato condottiero medioevale Brancaleone da Norcia, o il commilitone di Sordi ne “La grande guerra”. Tutti personaggi questi che conviveranno con il percorso teatrale che Vittorio Gassman percorrerà fino alla fine con grande coerenza e grande successo.
Gassman, infatti, guardava al teatro come alla naturale sede nella quale concentrare o disseminare a piene mani il proprio talento, ma che si prestava al cinema e alla televisione con una generosità e un istrionismo unici, rinnovandosi e mettendosi in discussione in ogni momento della sua vita e nello stesso tempo proiettarsi verso un futuro sempre nuovo.
La sua fu una sfida al tempo che passa inesorabile e, non potendo fermare il tempo, Gassman rinnovava se stesso, quasi a costruirsi una eterna giovinezza. Ma forse il tanto lavoro era come un antidoto alle angosce e alla depressione che periodicamente lo attanagliava. Per questo tornò continuamente alle letture dantesche e a quelle della grande poesia italiana e straniera. Ma non neppure esitò a “sporcarsi le mani” con la televisione, nella quale dette fondo a tutto il proprio repertorio di gigionate che denotavano tuttavia grande studio e severa applicazione delle proprie possibilità espressive.
Insomma, un attore a tutto tondo, grande, che non si rinchiuse in torri d’avorio, ma sfidò ogni volta il proprio tempo e il pubblico, sorprendendolo, magari irritandolo. Un grande artista – e non è un luogo comune – che migliorava invecchiando, o invecchiava migliorando.
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