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Al via il Todi Festival 2024: parla il direttore Guarducci

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Nel variegato panorama delle manifestazioni che, di anno in anno e soprattutto nella stagione estiva, impreziosiscono l’offerta culturale del nostro paese, spicca un appuntamento che si rinnova ancora una volta, a conferma della validità delle sue proposte, seguite e apprezzate da un vasto pubblico: il Todi Festival, giunto alla sua trentottesima edizione, che aprirà i battenti il prossimo 24 agosto per concludersi il 1° settembre. Una rassegna di teatro, musica, danza che si preannuncia di grande valore e impatto emotivo grazie alla presenza di alcuni fra i protagonisti della scena italiana e non solo. L’edizione 2024 vedrà infatti il susseguirsi di spettacoli al loro debutto nazionale, da Non si fa così di Audrey Schebat, con Lucrezia Lante Della Rovere, a Cuore puro, tratto da un racconto di Roberto Saviano, proseguendo con Corpo vuoto, dal romanzo di Emilia Costantini Tu dentro di me, con Vanessa Gravina e Laura Lattuada, fino al concerto di Ron Come una freccia in fondo al cuore che chiuderà il festival. Dense come sempre di eventi le rassegne Todi Off e Around Todi, gli incontri con gli autori, gli appuntamenti per la formazione di pubblico e artisti il nutrito programma è consultabile a questo indirizzo: https://www.todifestival.it/2024/programma.

Giunto alla nona direzione artistica consecutiva, Eugenio Guarducci ha dimostrato negli anni di saper valorizzare le potenzialità espressive di questo ormai classico evento – ci si avvicina al traguardo dei quarant’anni – unendo passione e capacità organizzativa in un connubio di consolidato successo. Lo abbiamo intervistato per l’occasione.

Quali sono le peculiarità di questa nuova edizione del Todi Festival? Come la definirebbe?

Definirei questa edizione “matura” e quindi ormai “riconoscibile”. Quindi molto adatta a lasciare spazio a nuove energie che possono contribuire ad un fisiologico processo di rinnovamento.

Rispetto al passato, si sono dovute affrontare sfide diverse, si sono suggeriti percorsi alternativi?

La sfida per noi è sempre stata la stessa: avere quel garbato senso di distacco da pregiudizi che in un ambiente come quello in cui da nove anni operiamo rischia sempre di prendere il sopravvento. Tutto ciò significa più ascolto possibile, meno chiacchiere possibili.

In che misura le sembra di aver raggiunto gli obiettivi – artistici e gestionali – che si era prefisso a consuntivo della scorsa manifestazione?

Gli obiettivi non si raggiungono mai completamente altrimenti qualunque persona ci riuscisse sarebbe un fenomeno. Ogni anno è quindi un continuo passaggio di consegne di piccoli fallimenti e/o dubbi da risolvere. Poi come ci ricorda Ron vale sempre una regola: raccontare dei successi e dei fischi non parlarne mai…

Quest’anno lei è giunto alla prova del nove: com’è cambiato il Todi Festival in questi suoi anni di gestione?

Qualcuno ci rimprovera che dal Todi Festival sia scomparso un po’ quel clima festivalmondano che caratterizzava le precedenti gestioni. Ed hanno ragione. Purtroppo, però, questo dipende da un carattere, il mio, che è poco adatto a trasformarsi in qualcosa che non è capace di vivere. È vero anche che probabilmente qualcosa di diverso e positivo pensiamo di avere iniettato in questo corpo meraviglioso creato da Silvano Spada, che oltre a quel tipo di clima è stato soprattutto capace di creare un contenitore culturale di straordinaria vivacità.

Cosa le ha trasmesso, da un punto di vista umano e professionale, questa esperienza quasi decennale?

Il Todi Festival fa parte di quella categoria di cose che chiamerei “chi te lo ha fatto fare”. È una cosa non cercata né forzatamente voluta e quindi inattesa. Come tutte le cose inattese portano in dote una serie di porte e di relazioni che si aprono. Basta fare qualche passo ancora in avanti che poi scopri che molte di queste porte si richiudono presto e fortunatamente, prima che si chiude l’ultima porta, arriva un’altra cosa inaspettata da fare.

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