di Alessia de Antoniis
Precaria, instabile, contraddittoria, sciatta. Energetica. Riempie, occupa lo spazio di una scenografia surreale, vecchia, che sa di abbandono. Che sa di Anna Cappelli. Della mente di Anna Cappelli. Una fisicità, quella della bravissima Valentina Picello, che traduce tanti stati d’animo quanti la mente riesce a pensarne. Cambiamenti repentini che rispecchiano la velocità con la quale la nostra anima passa da un mondo interiore a un altro. E Valentina scivola con naturale fluidità da uno all’altro.
Valentina… Anna. Fisica, viscerale, non è sola in scena. Condivide lo spazio con gli altri personaggi, li osserva con i suoi occhi azzurri solcati dalla follia. Dalla disperazione. Dalla solitudine. Sono tutti lì, con lei, nella sua mente. Siamo tutti lì, in quel mondo che generosamente Valentina Picello ci offre, nel quale ci accoglie, quasi nel disperato tentativo di sentirsi meno sola. Tra i suoi fantasmi. Valentina è lì, non recita: interagisce fisicamente, dà sfogo a istinti, paure, emozioni; suda, trema, ansima; ride, piange; urla la sua sofferenza, il suo dolore, il suo disagio, le sue paranoie, il suo spasmodico desiderio di rivalsa.
Complice la sua provenienza da un contesto lontano da quello italiano, il regista di Buenos Aires Claudio Tolcachir, scevro dai condizionamenti di una storia teatrale che non è la sua, aiuta la Picello a scoprire le infinite stanze segrete del personaggio iconico di Annibale Ruccello. La lascia libera di ballare e cantare, parlare con la sensualità del suo corpo morbido. Tolcachir restituisce la libertà al personaggio di Anna Cappelli soprattutto nel finale. “Tu sei la mia vita, altro io non ho; tu sei la mia strada la mia verità; nella tua parola io camminerò, finché avrò respiro fino a quando tu vorrai”. Le note e le parole del canto cattolico Symbolum 77 diventano per il regista argentino la colonna sonora della parte finale dello Psycho di Annibale Ruccello. Fonde sacro e profano, idolatria e follia, devozione al dio fatto uomo e sudditanza all’uomo trasformato in dio, per continuare a trascinare lo spettatore nella follia di Anna.
E mentre si continua a ridere della sua comicità gotica, Valentina lascia il pubblico del GinesioFest elettrizzato, scosso, emozionato, commosso, spiazzato, disorientato. Non è stata solo una questione di bravura attoriale, di resa del testo e di tutti quei tecnicismi che si elencano in questi casi.
L’accoppiata Claudio Tolcachir/Valentina Picello ha scosso gli animi del pubblico ipnotizzato dalla grande empatia di Valentina. Un pubblico che non voleva più lasciarla andare; che l’ha aspettata, nonostante il maltempo che aveva imperversato fino a poco prima, per accoglierla e abbracciarla. Per restituirle parte di quell’energia che Valentina ha donato in quell’ora breve come un battito di ciglia.
“Anna Cappelli” di Annibale Ruccello, regia Claudio Tolcachir, con Valentina Picello è una produzione Carnezzeria / Teatri di Bari /Teatro di Roma, in collaborazione con AMAT & Teatri di Pesaro per RAM.
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