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Colasanti e la sua opera lirica: “Accogliere i migranti è un’opportunità per noi”

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“L’opera lirica parla sempre al presente e la migrazione oggi è di stretta attualità, purtroppo in modo tragico. E l’accoglienza è quello che ci permette di evolvere: accogliere quello che è diverso da noi è la grande opportunità che abbiamo di crescere, di aprire i nostri orizzonti”. Lo dichiara a globalist.it Silvia Colasanti, compositrice nata a Roma nel 1975 in vista del debutto, mercoledì 16 ottobre al Teatro nazionale della capitale, della sua nuova opera, “L’ultimo viaggio di Sinbad”.

Ha commissionato il lavoro la Fondazione del Teatro dell’opera, primo capitolo di un progetto triennale intelligente e più che meritevole con tre titoli di tre compositrici: le altre sono la finlandese Kaija Saariaho, morta purtroppo nel 2023, di cui andrà in scena “Adriana Mater” con la regia di Peter Sellars nella stagione 2024-25, e “Inferno” della direttrice della Biennale Musica dal 2021 al 2024 Lucia Ronchetti che si ascolterà e vedrà nella stagione 2025/26.

L’ultimo viaggio di Sinbad” è in cartellone fino al 23 ottobre, in fondo all’intervista trovate la url, ha alla regia Luca Micheletti, Enrico Pagano come direttore dell’orchestra del teatro, Roberto Frontali nel ruolo del capitano Sinbad. Ha scritto il libretto Fabrizio Sinisi ispirandosi liberamente a un omonimo testo teatrale e ad altre pagine di Erri De Luca.
Il tema, come detto, è quello dei migranti con il marinaio delle storie delle “Mille e una notte” qui al suo ultimo viaggio, appunto, dove porta donne, uomini e bambini disperati e speranzosi dalle coste nordafricane verso l’Italia. Oltre a pagine strumentali, Silvia Colasanti ha in catalogo due opere promosse dal Festival dei Due Mondi di Spoleto e ricche di pagine toccanti, struggenti, vive, comprensibili e tutt’altro che irraggiungibili come “Proserpine” e in particolare “Minotauro”: su youtube le trovate facilmente.

Lo scrittore Erri De Luca. Foto Archivio Fondazione Erri De Luca

Colasanti, il tema de “L’ultimo viaggio di Sinbad” è di stretta pregnanza, è i migranti: perché lo affronta?
Il teatro mi aveva chiesto un’opera e ho proposto io il tema al committente perché l’opera lirica parla sempre del presente, sia quella di quattro secoli fa che quella di oggi. Parla dell’uomo e la migrazione ha sempre riguardato l’uomo, in tanti aspetti. Oggi è di stretta attualità, purtroppo in modo tragico.

Il Mediterraneo è diventato una tomba sconfinata. La parola d’ordine delle destre è respingere, confinare, le destre estreme fondano proprio su questa politica di rifiuto gran parte del loro successo politico. Lei cosa ne pensa?
Penso che l’accoglienza è quello che ci permette di evolvere: accogliere quello che è diverso da noi è la grande opportunità che abbiamo di crescere, di aprire i nostri orizzonti.

Scena di Leila Fteita per “L’ultimo viaggio di Sinbad” di Silvia Colasanti, Teatro dell’Opera di Roma

Buona parte dei cittadini italiani prova, come dire?, rancore, risentimento, paura e sull’argomento questi sentimenti prevalgono.
Credo che le paure, i sentimenti, vadano educati attraverso la conoscenza. Le paure sono difese che nascono dalla mancanza di conoscenza. Come artisti noi abbiamo anche il compito di dire la nostra con i nostri mezzi.

L’ultimo viaggio di Sinbad è un’opera nuova commissionata dal teatro romano. Non trova però che le fondazioni lirico-sinfoniche facciano tanto repertorio mentre le pagine nuove scarseggiano? Non è una resa alla paura di non vendere biglietti? Si fanno Mozart, Rossini, Verdi, Puccini e pochi altri, senza togliere loro nulla.
Sì, ovviamente quello che lei dice è vero. Personalmente e per fortuna lavoro tanto. Credo che sul contemporaneo ci siano delle paure e purtroppo sono nate anche per colpa di noi compositori: in passato abbiamo dimenticato che l’arte prima di tutto è una forma di dialogo e di comunicazione; quindi, pur esortando i teatri lirici ad aprirsi alle nuove produzioni, ed è fondamentale, comprendo alcuni timori e mi auguro che, guardandosi intorno, oggi i teatri possano vedere che qualcosa è cambiato, che c’è tanto desiderio di comunicare, di dialogo, di apertura al pubblico. Spero che questo possa far tornare la fiducia nell’arte di oggi.

Scena di Leila Fteita per “L’ultimo viaggio di Sinbad” di Silvia Colasanti, Teatro dell’Opera di Roma

Chi annovera tra i suoi maestri e riferimenti, come compositori?
Parto sempre da Monteverdi, il teatro musicale è partito da lì; poi ci sono Verdi, Puccini, tutto il ‘900. Adesso in parallelo l’Opera di Roma ha “Peter Grimes” di Benjamin Britten, un grande drammaturgo che per me è di sicuro un riferimento. Non parlo dei viventi se no dimentico qualcuno.

Lei è romana: quanto incide la città nel suo comporre? Tra l’altro Roma è parecchio rumorosa, pur con i suoi angoli di quiete.
Amo molto Roma e rivendico la scelta di non essere voluta partire e di restare qui. Viaggio ma la base è questa: Roma mi ha sempre dato tantissimo, ha il confronto con la storia, con le rovine, è una città calda che accoglie. Non sento il rumore, quando scrivo musica non sento niente, ovunque mi trovi mi isolo con grande facilità.

Ci sono donne che non vogliono essere chiamate direttrice bensì direttore. A lei compositrice va bene?
Come può immaginare è diventata una domanda ricorrente. Maestro, maestra … Credo che i meriti si basino sulle competenze. Mi chiamano “compositrice”, mi chiamano “maestro”, di solito mi chiamano “Silvia”. Non ho problemi di titoli né di genere, dobbiamo superare i generi. “Compositrice” per quanto mi riguarda va benissimo.

Trovate le info su “L’ultimo viaggio di Sinbad” all’Opera di Roma a questa url:
https://www.operaroma.it/spettacoli/lultimo-viaggio-di-sindbad/

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