Quale sarà la Capitale dell’arte contemporanea 2026? Stuzzicante il lotto tra le favorite: Todi,
Carrara, Gallarate, Gibellina e Pescara, finaliste della selezione operata da un’apposita giuria che culminerà nelle audizioni pubbliche del 25 ottobre prossimo e nella scelta della vincitrice.
L’iniziativa promossa dal Ministero della cultura vedrà la città individuata realizzare un progetto di riqualificazione del territorio attraverso le sue peculiari valenze, e in questo senso la perla tuderte ha elaborato un innovativo piano, “Ponte contemporaneo”, incentrato sul restauro e la riapertura – dopo quarant’anni – del ponte Bailey sul Tevere, esempio di archeologia industriale risalente alla Seconda guerra mondiale, porta d’accesso al parco fluviale e ora divenuto una passerella per la costruenda ciclovia dei “Due Mari”, un percorso di 425 chilometri che unirà il Tirreno all’Adriatico attraversando quattro regioni del Centro Italia: dunque, una nuova via di espansione dal centro alle frazioni e oltre e, al contempo, esempio di un modello sostenibile di approccio alla vita, grazie anche alle straordinarie risorse naturalistiche di contorno.
Abbiamo intervistato per l’occasione il curatore scientifico del dossier “Todi 2026”, Marco Tonelli, critico e storico dell’arte, docente di Storia dell’arte contemporanea presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia, autore di monografie e saggi.
Come si colloca Todi, città antica e permeata da sopravvivenze storiche del passato, sulla scena dell’arte contemporanea?
Se dovessimo calcolare il gradiente d’arte di Todi in base alla densità di eventi e relazioni internazionali o qualità delle iniziative e presenza stanziale di artisti (pensiamo solo a Beverly Pepper, Alighiero Boetti, Piero Dorazio, Brian O’Doherty o Bruno Ceccobelli, tutti riconosciuti a livello internazionale), e non in base alla popolazione, alle risorse economiche o alle strutture museali più contenute, sarebbe una delle prime città italiane in fatto di arte contemporanea. Potremmo dire che la sua storia antica e medievale ha, in più, dato quel valore aggiunto al contemporaneo tanto questo l’ha dato all’antico. Vedere periodicamente grandi sculture in ferro e acciaio in Piazza del Popolo a partire dagli anni ’70 (e da due anni nelle cisterne romane è visibile un’opera video digitale di Fabrizio Plessi) in un contesto medievale, significa trasmettere il senso di benefico spiazzamento dell’arte contemporanea dentro una cornice storica che sembra immutabile, ma che in realtà cambia con la percezione e la sensibilità delle generazioni e dei pubblici che inevitabilmente si alternano col passare del tempo.
Quali sono i punti di forza del progetto “Todi 2026”? Quale visione vi è sottesa?
Prima di tutto è un progetto che parte dalla città e coinvolge il territorio circostante, un progetto ideato e costruito da professionisti e professioniste già legati da tempo a Todi e in genere all’Umbria, o formatisi in Umbria e qui operanti (ma non solo), regione di cui Todi si farà quindi per certi versi appresentante. Molti dei quali professionisti sono poi giovani, se non giovanissimi. Quindi un progetto endogeno ma non indigeno, nel senso che non guarda solo al localismo ma connette esperienze di artisti e artiste di ogni generazione e linguaggio, dal digitale alla scultura, dalla pittura all’arte partecipativa, dall’arte pubblica a quella immersiva. Con interventi permanenti e di riqualificazione di spazi urbani e naturalistici che fino ad oggi o non sono utilizzati o sono pronti ai blocchi di partenza in attesa dello starter (pensiamo al nascente Museo di Arte Contemporanea di Todi (MACT), inserito nel progetto Città capitale arte contemporanea 2026) e con una significativa proposta di interventi tecnologici temporanei o permanenti. La visione sottesa implicitamente nel nostro progetto è quella di un mondo più vicino alle nostre ispirazioni e necessità, anche intime e spirituali se vogliamo: non dimentichiamoci che siamo pur sempre nella città dove è nato ed è sepolto il più grande poeta mistico italiano di tutti i tempi, Jacopone da Todi.
Attraverso quali dinamiche il progetto intende coniugare natura e cultura in un compendio attrattivo a livello nazionale e internazionale?
La natura non è separabile dalla cultura, potremmo dire che l’idea che abbiamo di essa è appunto una costruzione mentale e culturale in senso lato. Pensiamo solo al Parco Urbano di Beverly Pepper, appunto un parco nel verde però in un contesto “fatto ad arte”. In tal senso tra i progetti c’è sia la valorizzazione di percorsi immersi nel verde e che diventeranno camminamenti d’arte di interesse, sia la valorizzazione di collegamenti urbani più periferici che faranno da ponte con nuovi centri di creatività legati alle giovani generazioni. Potremmo dire che il concetto di “ponte contemporaneo” (titolo del nostro dossier) sia simboleggiato dal Ponte Bailey presso Ponte Rio, un manufatto industriale del XX secolo che collega una zona più moderna ad un percorso naturalistico passando sopra uno dei fiumi più evocativi e carichi di storia in Italia, il Tevere.
Todi ha un rapporto col Tevere, che in qualche modo l’avvicina a Roma: è possibile istituire un’analogia con la Capitale, ciò che in fondo la città umbra si candida ad essere in ambito artistico?
Un confronto sarebbe impietoso se solo guardassimo alle istituzioni pubbliche e private presenti a Roma (basterebbe, per rimanere alle prime, citare MAXXI, GNAM e MACRO con le rispettive collezioni d’arte). Ed infatti il bando della candidatura è rivolto a piccoli centri urbani, per i quali, se penso a Todi, il contributo di 1 milione di euro farebbe una grandissima differenza rispetto a città più molto grandi, che con questa cifra potrebbero cambiare molto poco della loro proposta artistica corrente. In più per una città comunque produttiva come Todi nell’ambito dell’arte contemporanea e sempre più attrattiva (basterebbe vedere le associazioni o fondazioni o residenze artistiche o singoli artisti provenienti dall’estero), sarebbe occasione di amplificare ancor più la comunicazione in merito alle sue iniziative, anche quelle che da anni ormai vengono realizzate in pianta stabile (dal Festival delle Arti al Todi Festival alle varie mostre e incontri annuali di altre istituzioni private). E anche proiettare i riflettori su realtà circostanti del suo territorio che pure sono implicate nel progetto, a partire dai sette piccoli comuni a lei afferenti. Ciò non toglie che il pubblico dell’arte di Roma è senza dubbio uno dei bacini di utenza più importanti per Todi al di fuori dell’Umbria, essendo anche il più vicino tra i centri urbani più popolati.
In che modo l’arte può generare creatività e inclusione sociale?
A Todi, in particolar modo grazie alle limitate dimensioni della città (ma non del territorio che è molto vasto) gli eventi d’arte contemporanea sono immediatamente fruibili e facilmente partecipati, difficile ignorarli, piacciano o no (non si può sempre pretendere unanimità nell’arte contemporanea). Quindi potremmo dire che sono sempre eventi pubblici anche quando tenuti in gallerie private, tutte in centro (a chilometro zero verrebbe da dire) e tutte sotto gli occhi dei cittadini o di chi viene appositamente da fuori. Per questo ogni evento d’arte è virtualmente un gesto di inclusione a Todi. Nel progetto della nostra candidatura sono peraltro state inserite diverse proposte di artisti e artiste che trattano proprio temi e modalità operative della creatività aperta sia ai giovani che al contesto sociale della collettività.
Come fare in modo che l’arte sia una risposta alla ricerca di senso delle giovani generazioni?
Promuovendola e poi favorendo, attraverso attività, laboratori, mostre e luoghi dedicati (avremo anche una serie di incontri su tematiche legate all’arte contemporanea ed alle vaste problematiche culturali implicate in essa), il concetto che l’arte contemporanea fa parte della nostra vita, ne è un riflesso, offre chiavi di interpretazione e punti di vista inusuali, non ordinari, aperti, come i giovani dovrebbero esserlo verso il futuro. Purtroppo non sempre gli stessi giovani hanno le chiavi per comprendere le provocazioni o gli stimoli provenienti dall’arte contemporanea, per le quali ci vuole anche un minimo di formazione e sapere, anzi: è questo il muro di cristallo che noi vorremmo bucare per sensibilizzare giovani (e non) generazioni ad accettare le sfide dell’arte di oggi per risolvere quelle della vita di domani.
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