di Ludovico Conti
Agrigento si trova davanti a una sfida enorme, quasi come se stesse cercando di fare un salto più lungo della gamba. La nomina a Capitale della Cultura 2025, che all’inizio aveva portato entusiasmo e sogni di gloria, ora sembra solo far crescere l’ansia: e se si facesse una figuraccia?
Siamo a fine ottobre e ancora non si vede ombra di un piano concreto per l’anno che dovrebbe mettere Agrigento sotto i riflettori nazionali e internazionali. Certo, al Ministero della Cultura non è che se la passino meglio, tra scandali e dimissioni, il caos lì sembra quasi la norma. Tutto questo, ovviamente, rischia di rallentare la tabella di marcia di Agrigento Capitale della Cultura. Qualche mese fa ad Agrigento era andato il “fu” ministro della Cultura Sangiuliano, ora vedremo se anche il neo ministro Giuli metterà in calendario un nuovo incontro. Da quel punto di vista l’unica certezza ad ora, come sempre, sembra essere la presenza del Presidente Sergio Mattarella per l’inaugurazione a gennaio.
Ma nemmeno per Agrigento è un periodo facile. L’emergenza siccità ormai è diventata parte della quotidianità, e la popolazione è esausta e si deve ingegnare soluzioni. Solo chi vive nel centro città riesce ad avere acqua con una certa regolarità, mentre il resto continua a soffrire.
I giovani hanno preso Agrigento 2025 con quello strano mix di entusiasmo e rassegnazione, inghiottiti da quel fatalismo tipicamente siciliano che da sempre è stato l’alibi perfetto per non cambiare nulla. Intanto la città cade a pezzi: il verde pubblico è talmente trascurato che guidare per le strade diventa un’impresa, le buche non si contano più.
Per gestire i fondi dell’evento, il comune è stato commissariato dalla Regione e ha creato una Fondazione, ma tutto si muove con lentezza. Anche la comunicazione è praticamente assente: basta dare un’occhiata alla pagina Instagram nata per promuovere la candidatura di Agrigento, ferma al 2023. E il link che rimanda a maggiori informazioni è sparito, o meglio, è ancora lì ma rimanda ad un sito vuoto.
Come gran parte del Sud, Agrigento soffre per infrastrutture vecchie e malmesse: le strade sono un percorso a ostacoli per i lavori in corso ed i treni sono così lenti che ci vogliono oltre tre ore per arrivare a Palermo o cinque a Catania. Questo lo sa chi il territorio lo conosce e lo vive, ed è tristemente consapevole che certe tratte siano impraticabili e sa come adeguarsi trovando soluzioni che nessuna Google Maps è in grado di fornirti, facendo immaginare le peripezie che dovranno affrontare i turisti che saranno attratti da Agrigento Capitale della Cultura.
Leonardo Sciascia diceva che il problema della Sicilia è non credere nelle idee, non credere che possano davvero cambiare le cose. Forse è proprio questo modo di pensare che l’ha bloccata per anni. Il 2025 è alle porte, e questa è un’occasione d’oro per Agrigento. Un’opportunità per dimostrare di essere più di quella città in fondo alle classifiche sulla qualità della vita, più di un luogo da cui i giovani scappano. La speranza di cambiare c’è, ma chissà… forse alla fine aveva ragione Sciascia.
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