«Il mio caso è identico a quello della Boccia. Mi era stato detto di occuparmi della mostra sul futurismo ma dopo un anno e mezzo mi hanno comunicato che dovevo fare un passo indietro perché erano arrivate voci irriguardose al ministero nei miei riguardi e che non avevo avuto alcun incarico formale».
Lo dice a Report il critico d’arte Alberto Dambruoso in una clip che anticipa un servizio della trasmissione condotta Sigfrido Ranucci che andrà in onda domenica su Rai3.
«La mia situazione non è molto dissimile da quella che poi è successa alla signorina Boccia», premette il critico che alla domanda ironica («Anche lei aveva una relazione con Sangiuliano?») del giornalista Giorgio Mottola precisa: «Beh, no. Io no, ecco. A scanso di equivoci nessun tipo di relazione con il ministro. Però certamente ho ricevuto anche io un incarico che di fatto non è stato poi, come dire, formalizzato. Nel senso che io non ho avuto il contratto».
Alberto Dambruoso – ricorda poi la voce fuori campo di Mottola – «insegna storia dell’arte all’Accademia delle belle arti di Frosinone. Sangiuliano gli affida la co-curatela della mostra sul futurismo, anche se fino a quel momento non ha mai avuto rapporti con lui. Tutto nasce da un articolo pubblicato sul Tempo, giornale di destra, di proprietà della famiglia Angelucci. La scintilla è questa recensione che il giornalista e critico d’arte Gabriele Simongini scrive sull’ultimo libro di Dambruoso che ha come tema il futurista Umberto Boccioni».
Di qui la domanda del giornalista: «Lei chiede una recensione sul Tempo anche per questo, perché sa che è giornale di area? «Ma certamente che ci sia anche una questione legata a un giornale di orientamento di destra. Questo sicuramente avrebbe potuto probabilmente facilitare un contatto tra Simongini e il ministro, cosa che effettivamente è avvenuta» risponde Dambruoso.
Poi Mottola riprende la sua ricostruzione: costi e scelte artistiche non vanno giù a Sangiuliano. Il ministro nomina quindi un comitato organizzatore: ne fanno parte il direttore dei musei Massimo Osanna, la direttrice della galleria nazionale Cristina Mazzantini e il presidente del Maxxi Alessandro Giuli. Il comitato organizzatore di fatto commissaria curatore e co-curatore. «Viene praticato un taglio drastico di oltre 300 opere, quindi si passa – risponde Dambruoso – da 650 opere a 350 opere» e la decisione sulle opere da tagliare «viene presa sostanzialmente appunto dal comitato organizzatore».
Poi Mottola commenta: «Doveva essere il più grande evento culturale del governo Meloni, si è rivelata finora un pasticciaccio infarcito di gaffe, conflitti di interesse e piccoli scandali».
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