Quantcast
Channel: Cultura | Globalist.it
Viewing all articles
Browse latest Browse all 814

La strana vita di Oskar Schindler

$
0
0

di Rock Reynolds

Filantropo o impenitente donnaiolo e bevitore? Avventuriero senza scrupoli o sfortunato imprenditore? Altruista disinteressato o astuto calcolatore? Nazista convinto o amico degli ebrei?

Da qualunque osservatorio lo si studi e comunque lo si giudichi, Oskar Schindler sembra farsi beffe di ogni infruttuoso tentativo di incasellarlo e non basta una lunga e scrupolosa monografia per rispondere a quesiti che, forse, non pertengono a questo mondo.

Oskar Schindler – Vita del nazista che salvò gli ebrei (TS Edizioni, pagg 171, euro 29,20) di Francesca Cosi e Alessandra Repossi è, a tutti gli effetti, una biografia di un personaggio che, prima dell’uscita del film di Steven Spielberg, Schindler’s List – La lista di Schindler, era rimasto confinato a una cerchia ristretta di appassionati di storia della Seconda guerra, di ebrei da lui salvati e di altri venuti a conoscenza delle sue gesta.

Valenti e conosciute traduttrici letterarie, viaggiatrici e autrici a loro volta, Cosi e Repossi hanno visitato molti dei luoghi in cui si sono svolte le vicende da loro raccontate. Non a caso, la foto del risvolto della copertina posteriore ritrae entrambe nell’atto della posa rituale di un sasso sulla tomba di Schindler, nel cimitero cattolico di Gerusalemme, sul monte Sion. Aver fisicamente ripercorso alcuni passi di quest’uomo ingombrante trasmette un calore diverso a quella che, viceversa, avrebbe rischiato di essere una mera ricostruzione.

Da quando Steven Spielberg – interessante, e a me oscuro finché non ho letto il loro libro, è l’aneddoto raccontato dalle autrici su come il grande regista di famiglia ebrea si sarebbe conteso la trasposizione cinematografica del romanzo La lista di Schinder di Thomas Keneally con Martin Scorsese – ha fatto conoscere al mondo il coraggio di questo stravagante eroe moderno, è iniziata una fase nuova del processo del ricordo. E, attraverso il neonato interesse per la storia della Seconda guerra, i riflettori si sono puntati con maggiore intensità sugli orrori del nazismo.

Oskar Schindler – Vita del nazista che salvò gli ebrei racconta anche il clima di sospetti e violenze del periodo e non avrebbe potuto essere diversamente, ma Cosi e Repossi dosano con la giusta lucidità le informazioni necessarie perché il lettore colga appieno il senso di quanto fatto da Schindler e la portata pratica e pure simbolica delle sue azioni.

La sua resta una figura su cui grava qualche ombra. La forza dirompente delle sue scelte non in linea con il pensiero dominante, quello del regime nazista, basta però a dissipare molti dei dubbi che lo hanno accompagnato.

La sfacciataggine con cui Schindler – descritto da molti, soprattutto da molte, per la verità, come un uomo dal fascino irresistibile – cercava di sedurre una ragazza su cui avesse messo gli occhi era pari alla sua invereconda capacità di blandire l’uditorio più refrattario alle sue richieste, finendo quasi sempre per avere la meglio in entrambi in campi. Era, in fondo, un nazista che seppe approfittare della posizione enormemente svantaggiata della comunità ebraica per tentare di fare fortuna e, comunque, per soddisfare uno stile di vita lauto in una Germania sull’orlo del baratro, ma nessuno lo costrinse ad assumersi i rischi che corse e questo fa tutta la differenza del mondo. E, alla luce della sua scelta di schierarsi dalla parte dei deboli, la sua adesione all’ideologia nazista sembrerebbe qualcosa di automatico: non essere nazisti in Germania alle soglie della Seconda guerra non era un’opzione.

Si diceva di un elemento che, per qualche verso, ha sempre accompagnato la figura scomoda di questo strano industriale, finendo per inondarne persino le cronache postume: la contraddittorietà. Non è un caso che nemmeno il processo attraverso cui sarebbe stato nominato Giusto tra le Nazioni sia stato scevro di ostacoli. Le accuse mossegli da due ebrei che ebbero a che fare con lui sono rimaste una macchia fastidiosa sul suo curriculum di nobiltà e ne hanno ritardato il riconoscimento ufficiale, giunto solo dopo la morte di Oskar Schindler.

Cosi e Repossi fanno ordine in alcune matasse rese più intricate dal romanzo di Keneally e dal film di Spielberg che ebbero, sì, il merito di celebrare Schindler e la sua vita, rendendolo noto e visibile al grande pubblico, ma che ne romanzarono inevitabilmente alcuni tratti, finendo per tradire qualche verità storica. Per esempio, non ci fu un’unica lista ma diverse liste.

E quelle liste le compilò Schindler a memoria oppure le lasciò stilare da un suo collaboratore? Usò maniere forti e decisamente prepotenti nei confronti di concorrenti o altre persone non esattamente allineate con i suoi modi guasconi? Fu un esteta dell’eleganza e della socialità, più che un autentico benefattore dei deboli? Forse, ma non credo che faccia la minima differenza. Chi ha avuto la vita risparmiata grazie ai suoi offici non ha dubbi: Oskar Schindler ha fatto qualcosa che non era tenuto a fare e che certamente avrebbe potuto procurargli più grattacapi che vantaggi.

Cosi e Repossi ci schiariscono ulteriormente le idee rispondendo a qualche mia domanda, ma, per un quadro esauriente, consiglio a tutti di leggere il loro bel libro.

Da cosa nasce questo libro. Da un’esigenza o da un intrigo?

«Senz’altro da entrambi. Da un’esigenza perché quest’anno ricorrono i cinquant’anni dalla morte di Schindler e in Italia non esisteva ancora una biografia completa che lo riguardasse. L’editore TS Edizioni è stato abile nel rendersi conto di questo vuoto da colmare e ci ha proposto di scriverla. E, quando è successo, abbiamo accettato con entusiasmo perché la sua figura ci ha sempre incuriosite e l’occasione ci avrebbe permesso di studiarla a fondo. Senza contare che lavoriamo da tanti anni sulla Shoah e nel tempo le abbiamo dedicato un altro libro, una mostra didattica per le scuole, una mostra fotografica e alcune traduzioni saggistiche e letterarie.

Che sensazioni vi hanno trasmesso i luoghi visitati in vista della stesura del libro?

«La sensazione più forte ce l’ha lasciata la tomba di Schindler a Gerusalemme, come raccontiamo all’inizio del libro. Si trova in un cimiterino abbarbicato su un fianco del monte Sion, appena fuori dalla Città Vecchia, ed è ricoperta dai sassolini lasciati dalle persone che ancora oggi vengono a rendergli omaggio e depositano una pietruzza secondo il rituale ebraico. A differenza della tomba, la casa in cui Schindler visse nel 1939 a Ostrava, oggi nella Repubblica Ceca, quando aiutava i nazisti a preparare l’invasione della Polonia, brilla per il suo anonimato, tanto che non si capisce nemmeno quale sia di preciso. Sui documenti dell’epoca, forse per un errore, risultano infatti registrati a suo nome più numeri civici diversi della stessa via, oggi chiamata Sadová. Noi li abbiamo visitati ma non ci sono targhe che ricordino Schindler, anche perché dal punto di vista dei cechi fu un traditore: era nato nei Sudeti che facevano parte della Cecoslovacchia, ma, essendo di lingua e cultura tedesca, si era schierato con i nazisti, che occuparono il Paese.»

Dal vostro libro Oskar Schindler esce come un uomo contraddittorio, per non dire ambiguo. Che idea ve ne siete fatte dopo averlo lungamente studiato?

«Era pieno di luci e di ombre e non è stato facile dare conto dei vari aspetti della sua personalità. Estroverso, carismatico, amante della bella vita, dei soldi, dell’alcol e delle donne (nonostante fosse sposato fin dai vent’anni), probabilmente aderì al nazismo perché avere la tessera del partito gli offriva l’opportunità di arricchirsi facilmente. Prima fu una spia dell’Abwehr, il servizio segreto dell’esercito tedesco, poi divenne imprenditore nella Polonia occupata, dove per la sua fabbrica si avvaleva di manodopera ebraica. La spinta ad assumere operai ebrei fu inizialmente economica, perché per ciascun operaio pagava al Reich al giorno meno di quanto pagasse un operaio polacco all’ora, poi però nel 1942 assistette alle violentissime deportazioni dal ghetto di Cracovia, che sorgeva vicino alla sua fabbrica, e probabilmente fu in quella fase che avvenne in lui il cambiamento. Da allora si impegnò per salvare gli ebrei giorno dopo giorno e riuscì nella sua impresa proprio facendo leva su certi lati da gaudente del proprio carattere: ogni volta che doveva convincere un nazista a risparmiare i suoi ebrei, lo invitava a laute cene innaffiate da grandi quantità di alcolici, oppure lo corrompeva con denaro, gioielli, liquori e al tempo stesso esercitava il suo fascino e la sua parlantina finché non otteneva quello che voleva. Il suo amore per la ricchezza, il cibo, l’alcol, la bella vita e le belle donne costituiva un terreno comune con molte SS e grazie a questo riusciva a fraternizzare con loro per manipolarle. Dopo la guerra, però, questo suo desiderio di lusso e ricchezza rimase frustrato perché non riuscì più ad avviare alcuna attività di successo e ne fu molto amareggiato.» 

Dopo il 7 ottobre, il mondo sembra essere precipitato nuovamente in una spirale di preoccupante antisemitismo. E a me sembra pure che ci sia una nuova spinta di violenza sionista in Europa, quasi a fare da suo contraltare. Cosa ne pensate e cosa ci insegna il modello Schindler?

«Il modello di Schindler per noi è di esempio proprio perché fatto di luci e di ombre: un’impresa eroica come il salvataggio di oltre 1000 persone perseguitate, che senza il suo aiuto sarebbero finite nei campi di sterminio, è stata possibile anche se Oskar non era affatto un santo. Questo ci dice che possiamo tutti fare del bene, così come siamo: la santità non è un requisito indispensabile. Il bene, che sia grande come quello compiuto da lui o magari piccolo come quello che possiamo fare noi, è alla portata di tutti e ci sembra l’unico modo di contrastare questa violenza dilagante.»

Di che tipo di venerazione e/o rispetto gode Oskar Schindler nei suoi luoghi, considerato che lì c’erano tanti ebrei ma pure tanti che gli ebrei non li avevano in simpatia?

«Nel luogo in cui è nato e cresciuto, l’attuale Repubblica Ceca, come accennavamo è ancora una figura un po’ controversa per la sua adesione agli ideali nazisti. In Polonia, a Cracovia, la fabbrica che rilevò e nella quale lavoravano gli ebrei è stata trasformata in un Museo dell’occupazione della città e copre gli anni dal 1939 al 1945. Lì sono conservate la scrivania di Schindler e alcune pagine con le liste dei suoi lavoratori ebrei, ma anche in Polonia Oskar non è ben visto da tutti perché, collaborando con l’Abwehr, aiutò i tedeschi a occupare il Paese nel 1939.»

Sarebbe pensabile una figura di Oskar Schindler oggi? Sarebbe ipotizzabile uno scempio  tale da rendere necessaria una figura come quella di Schindler?

«Uno scempio compiuto nel silenzio totale come quello nazista dei campi di sterminio, senza che per molto tempo l’opinione pubblica venisse a sapere nulla, oggi non sarebbe più possibile grazie alla diffusione globale in tempo reale di notizie, immagini, video. L’umanità però continua a compiere stermini ed efferatezze e per questo uno Schindler dei tempi moderni è ancora pensabile e necessario.»

Quant’è stato complicato farvi un quadro storico e analitico della vita di Schindler su cui fondare il vostro libro?

«Le fonti consultate sono state tante e in varie lingue (non esiste quasi niente in italiano): vi sono numerose testimonianze degli ebrei di Schindler, alcuni dei quali hanno scritto libri e/o rilasciato interviste pubblicate in volumi collettanei, inoltre abbiamo le tante interviste che lo stesso Schindler concesse nel dopoguerra e le due autobiografie della moglie Emilie (1907-2001), forse poco ricordata ma altrettanto importante nel salvare insieme al marito gli ebrei della fabbrica di Brünnlitz (la seconda che Schindler gestì durante la guerra) nel 1944-45. Infine, esiste una biografia monumentale in inglese, il cui autore ha avuto modo di incontrare, all’inizio degli anni Duemila, alcuni testimoni all’epoca ancora vivi e di condurre ricerche sul campo nei tanti Paesi nei quali Oskar visse o trascorse lunghi periodi della sua vita. 

Il materiale per una biografia non mancava, anzi, in certi casi ci ha posto dei problemi perché era abbondante e i vari testimoni ricordavano il medesimo episodio in modi anche abbastanza diversi, quindi abbiamo dato conto delle varie versioni rintracciando i punti in comune. Abbiamo pure cercato materiale fotografico in vari archivi che si sono dimostrati disponibili a collaborare (dallo United States Holocaust Memorial Museum di Washington allo Yad Vashem di Gerusalemme, dall’Archivio del Museo di Auschwitz-Birkenau per arrivare a un antiquario di Vienna) e nel libro sono così riprodotte diverse immagini, alcune delle quali pubblicate per la prima volta in Italia: da una foto di Schindler dodicenne con la sorellina Elfriede, ad alcune immagini che lo ritraggono nel 1942 mentre partecipa ai festini con le SS, a quella in cui pianta il suo albero di Giusto tra le Nazioni allo Yad Vashem.»

L'articolo La strana vita di Oskar Schindler proviene da Globalist.it.


Viewing all articles
Browse latest Browse all 814

Trending Articles