di Giordano Casiraghi
Era nato il 10 luglio del 1936 ed è mancato la notte del 27 maggio 2024. Ghigo Agosti era nato a Milano e ci ha vissuto fino ai primi anni Novanta, per trasferirsi poi in campagna sulle colline pavesi.
Uno dopo l’altro i protagonisti di quella stagione straordinaria di Palazzo del Ghiaccio, Santa Tecla e Teatro Smeraldo se ne sono andati, da Giorgio Gaber, Enzo Jannacci, Guidone, Clem Sacco, per stare attorno a Milano. Ghigo era di buona famiglia, nato e cresciuto a Milano organizzava serate a casa sua dove si suonava fino a tardi o nei pomeriggi domenicali.
Andavano da lui Gaber e Jannacci, ma egli stesso inizia presto a cimentarsi in piccole esibizioni imitando i rocker americani, al punto che un giorno viene notato da Celentano che gli chiede lezioni di rock. La cosa andò in niente, perché Celentano credeva che Ghigo fosse veramente un cantante americano. Poi sappiamo come è andata a finire, ma anche Ghigo è stato famoso, infatti arriva al primo posto della hit parade con il singolo “Coccinella”.
Le sue esibizioni fanno notizia. Ce n’è una su YouTube dove si strappa la camicia e ad accompagnarlo sono i Ribelli del Clan Celentano. Ed è accompagnando Ghigo che si forma uno dei complessi più interessanti del beat italiano. Sono Mino Di Martino e Enrico Maria Papes che nel breve decideranno di formare a loro volta un gruppo chiamandosi I Giganti. Ghigo è irrefrenabile, vuole sempre cambiare, così anziché rimanere sulla strada del primo singolo, che tra l’altro aveva un testo che parlava di omosessualità, decide di cambiare genere.
Arrivano altri singoli dove inserisce la componente demenziale (“Allocco tra gli angeli”, “Pascale”, “El marmellito”, “Banana frutto di moda” e “Un carnevale celestiale”). È Franco Daldello che nei primi anni Novanta li raccoglie e pubblica “Gli avanzi di Ghigo”. A suo tempo l’artista macina concerti, specialmente nella riviera ligure, come Ghigo e i Goghi, parafrasando Toto e i Tati, quando proprio Toto Cutugno era uno dei musicisti che lo accompagnava.
In formazione al suo fianco si sono alternati vari musicisti, anche Giuseppe Panzironi poi nei Balordi, quindi Fabrizio Paolo Antonio Cappetti, Gilberto Ziglioli, Claudio Corazza e Roberto Frizzo. È stato quest’ultimo a chiamarmi, ben sapendo che entrambi cercavamo in tutti i modi di rimanere in contatto e fargli sentire una certa vicinanza. Vita intensa la sua, vita sfrenata. A un certo punto Ghigo si inventa uno spettacolo teatrale e musicale, esce dai canoni e non gli riesce più facile coinvolgere le case discografiche, finché un bel giorno decide di cambiare mestiere. Diventa fotografo, uno dei più importanti fotografi per la musica e lo spettacolo, al punto che suoi scatti vanno a riempire giornali patinati o vanno sulle copertine di dischi.
Passano decenni e un bel giorno Ghigo lascia la città per trasferirsi sulle colline pavesi dove è mancato. Lascia il figlio Matteo e la figlia Francesca. L’ultima volta che lo abbiamo visto su un palco è stato nel 2017 a Il Sotto di Arlati, quando Michele Bovi venne ospite della serie Che Musica a Milano. Ormai da qualche decennio Ghigo si era molto avvicinato al credo religioso. Nel 1996 aveva pubblicato il doppio CD “Frammenti di preghiera” e a seguire arriveranno altre autoproduzioni, perché il contatto con la musica non l’ha mai mollato.
Per noi che l’abbiamo conosciuto e frequentato oggi è un giorno triste e poco rock.
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